Per l'opera che consacrerà definitivamente il suo genio, Wolfgang Amadeus Mozart non ebbe la possibilità di scegliere il soggetto. Semplicemente nel 1780 l'elettore di Baviera Carl Theodor impose al genio di Salisburgo l'«Idomeneo». Opera che la Scala ha appena riproposto nell'edizione che il 7 dicembre di quattro anni fa aprì la stagione 2005/2006. Dunque al ritorno dalla guerra di Troia, il re di Creta incappa in una tempesta e «baratta» con Nettuno la propria salvezza con la vita del primo che incontrerà. E sulla spiaggia inciampa sul figlio Idamante. Dopo alcuni tentativi di «imbrogliare» il nume dei mari, si decide a sgozzare il figlio ma lo stesso dio gli offre una via uscita: abdichi in favore del figlio e la chiudiamo qui.
Un trama, dicevamo, non scelta da Mozart ma che curiosamente incentrata su un rapporto quanto meno «diffile» tra padre e figlio. Proprio come quello tra Wolfgang e Leopold, il terribile padre che appena nato gli infila un violino sotto il braccio e lo siede a una tastiera per poi esibirlo in tutte le corti d'Europa. «Come una scimmia ammaestrata». Definizione di Antonio Salieri. Leopold infatti aveva imposto al ragazzo una disciplina ferrea, tanto da portarlo a suonare il clavicembalo a quattro anni e a comporre a cinque. Ma lo spirito ribelle del ragazzo aprirà presto un aspro conflitto tra due.
Così proprio in occasione della composizione dell'Idomeneo, Mozart litiga di brutto con l'Arcivesco di Salisburgo Hieronymus Colleredo che lo fa buttare fuori da palazzo a calci nel sedere. Letteralmente! Quando Leopold sperava invece di lasciargli in eredità il proprio incarico di Vice «Kapellmeister». Ma non finisce qui. Altri rimproveri arriveranno per la scelta della moglie, Costanze Weber, ritenuta troppo frivola. Leopold diede alla fine il suo consenso, ma fu una questione essenzialmente formale. O dalla scoperta della vita assai sregolata del figlio a Vienna durante la sua del 1785: Wolfgang non era modello di fedeltà coniugale, in questo comunque ricambiato dall'allegra mogliettina, e non disdegnava il vino. Ci fu comunque un tentativo di riappacificazione tra padre e figlio, tanto che Leopold acconsentì a entrare nella loggia massonica «Beneficenza» a cui Wolfgang si era iscritto nel dicembre dell'anno precedente. Il terribile padre rientrò a Salisburgo e morì due anni più tardi senza più aver rivisto più figlio. Una circostanza che qualche critico ritiene abbia influenzato Mozart nella scrittura del «Don Giovanni» in particolare riconoscendo nella figura del Commendatore quella di Leopold. Commendatore che alla fine dell'opera appare al «dissoluto» invitandolo a pentirsi dei propri errori.
Leopold tuttavia non fu cattivo padre, si dedicò anima e corpo ai figli (oltre a Wolfgang anche la sorella maggiore Maria Anna, detta Nannerl, fu eccellente musicista) rinunciando a una brillante carriera di compositore. Fu poi determinante nell'istruzione del figlio, Il suo trattato sull'istruzione musicale, «Violinschule», pubblicato per la prima volta nel 1756, venne tradotto in varie lingue e diventò un testo di riferimento per la musica europea.
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