Roma

Neo-sposi? Nel Lazio subito separati. Almeno secondo l’Eures

In dieci anni è cresciuto il numero dei matrimoni, ma sempre più coppie ricorrono all’avvocato

Virginia Polizzi

Hanno trent’anni, scelgono sempre più il rito civile e qualcuno un partner straniero. Dopo soli tre anni entrano in crisi e la metà di loro si separa. Questa è la fotografia dei «neosposi-subito divorziati» capitolini, scattata dall’istituto di ricerca Eures. In Italia ci si mette sempre meno l’anello al dito e si va sempre più dall’avvocato, rivela lo studio che registra un forte declino della famiglia tradizionale e assegna al Lazio due primati. Uno positivo, siamo l’unica regione dove, nell’ultimo decennio, il numero dei matrimoni è cresciuto. Il secondo, opposto al primo: rispetto al passato, il Lazio è la regione che ha avuto un incremento delle separazioni maggiore delle altre.
Ma andiamo con ordine. Se nel 1995 si sposavano 4,7 laziali su mille, nel 2005 il dato arriva a 5,2. Non certo un aumento strepitoso, ma importante se confrontato con la media nazionale per cui, negli ultimi 30 anni, i matrimoni sono diminuiti del 30 per cento. E quindi a Roma, l’anno scorso, ci sono stati ben 20.838 sì. Anche se i ricercatori spiegano che, tra questi, vanno contate anche le cerimonie del cosiddetto «turismo matrimoniale», quelle coppie cioè straniere o comunque non capitoline che, per convolare a nozze, scelgono la città eterna. Le ultimissime quelle tra Tom Cruise e la compagna Katie Holmes al castello Odescalchi di Bracciano, alle porte di Roma. Crisi del matrimonio, allora, e crisi del rito religioso.
Nella Capitale, come nel resto d’Italia, oltre un terzo dei sì viene pronunciato davanti a un funzionario dello Stato e non più a un sacerdote. I neo-sposi possono optare tra la Sala Rossa del Campidoglio, la sala di Ostia, quella della Tuscolana. Anche se il luogo che va per la maggiore è la Chiesa sconsacrata di Caracalla. Per chi sogna ancora l’altare, invece, tra le chiese più richieste ci sono quella dei SS. Nereo e Achilleo sempre a Caracalla, Santi Giovanni e Paolo al Celio, famosa per i candelabri di cristallo, e il mausoleo di Santa Costanza sulla Nomentana, che piace per la sua particolare pianta circolare. Assicurarsi uno di questi posti però non è facile: le coppie fanno la fila dormendo fuori il portone già un anno prima della loro data. L’aumento dei matrimoni celebrati con rito civile magari sfoltirà un po’ queste code. Un aumento dovuto, secondo l’Eures, anche per la crescita del numero delle «seconde nozze», quelle in cui la coppia ha già un matrimonio religioso alle spalle, e dei «matrimoni misti», quelli cioè tra persone di nazionalità e fede diversa. Il 14,8 per cento dei laziali, per la maggior parte uomini, infatti avrebbe deciso di abbandonare il popolare detto «moglie e buoi dei paesi tuoi», scegliendo come dolce consorte una straniera.
E se prima le liti tra moglie e marito iniziavano al fatidico settimo anno di matrimonio, oggi la crisi è in agguato già dal terzo. Una crisi che per il 55,5 per cento dei laziali finisce davanti agli avvocati. Il che vuol dire che un matrimonio su due va in fumo, un incremento, che se confrontato con gli ultimi anni, ci assegna il primato rispetto alle altre regioni. Se nel 1999, infatti, le separazioni erano 6.775, nel 2004 sono state più di 10mila (precisamente 10.153). Colpa della maggiore ricchezza? Del diverso contesto culturale?
Non solo, il rapporto Eures annovera tra le motivazioni anche la forte tutela della legge verso il soggetto più debole della coppia.

E mentre si cerca la risposta alle cause, i laziali si premuniscono e, prudentemente, il 54,5 per cento di loro si sposa sì, ma con la separazione dei beni.

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