Mondo

Nepal, nel caos il «regno tra le nuvole»

A Katmandu la gente grida: «Il sovrano al patibolo». E cala il turismo nella terra dell’Everest e dei templi

Nepal, nel caos il «regno tra le nuvole»

Maria Grazia Coggiola

da New Delhi

In un ultimo disperato tentativo di riportare la calma, il re nepalese Gyanendra ha convocato ieri tre ex primi ministri. Sotto assedio dopo due settimane di massicce proteste e ormai isolato dal resto del mondo, il controverso monarca, salito al potere dopo il massacro della famiglia reale nel 2001 (massacro di cui non fu responsabile), sta forse mostrando i primi segni di cedimento. La scorsa settimana aveva lanciato un ramoscello di ulivo ai partiti dell’opposizione promettendo di indire le elezioni. Una proposta però respinta dall’alleanza delle sette forze politiche che lo scorso 6 aprile ha lanciato la rivolta antimonarchica.
Dopo che nella capitale Katmandu i manifestanti hanno sfilato al grido di «impicchiamo il re Gyanendra», l’impressione è che la situazione stia precipitando. Nessuno è in grado di fare previsioni su quello che succederà giovedì quando ci sarà l’ennesimo sciopero generale. Anche ieri nella capitale, ormai stremata per la penuria di generi alimentari e di carburante, ci sono stati disordini, scontri tra gli agenti antisommossa e i dimostranti, linciaggi di massa, arresti arbitrari e anche un morto nel Sud che porta a 5 il bilancio delle vittime da quando sono sfociate le agitazioni.
Sempre ieri, i dimostranti hanno rincarato la dose con un appello alla disobbedienza civile, a non pagare tasse e bollette e, per gli emigrati, a non inviare le rimesse in patria. In risposta, il governo ha minacciato lo stato di emergenza e da ieri ha inviato convogli di cibo e benzina in soccorso al milione e 700mila abitanti della capitale. Per convincere gli autisti dei camion a superare i blocchi dei dimostranti ha promesso un super bonus di 48 dollari, un’enormità in un Paese sull’orlo della bancarotta come il Nepal martoriato dall’instabilità politica e da un decennio di guerriglia maoista, che ha causato migliaia di morti.
Il «regno tra le nuvole», dove sorge l’Everest, il tetto del mondo, dai paesaggi mozzafiato, costellato di monasteri e stupa che convivono in armonia con i templi induisti, è una delle mete mondiali preferite da alpinisti e appassionati di trekking. Il turismo è la più importante risorsa. Ma dopo il blocco economico imposto dai maoisti, che nell’agosto 2004 stritolò Katmandu e dopo la gravissima crisi seguita al «golpe reale» del 1° febbraio 2005, i turisti hanno paura. Il Nepal è classificato come tra i Paesi a rischio per i visitatori stranieri. Le proteste di questi giorni si sono spinte anche nel centro storico di Thamel, frequentato dagli ippies e da saccopelisti.
Secondo la monarchia a fomentare le proteste ci sarebbero i ribelli maoisti. «Questo non è un movimento democratico – ha detto il ministro dell’informazione Shamshiri Rana – ma è un tentativo teso a rovesciare il governo». Lo scorso dicembre, i ribelli avevano firmato un’intesa con l’alleanza dei partiti dell’opposizione per ripristinare la democrazia e il sistema multipartitico. In cambio hanno promesso un cessate il fuoco unilaterale valido solo per Katmandu. Nel resto del Paese, invece, c’è stata una recrudescenza degli attacchi. Dal 1996, quando hanno lanciato l’insurrezione armata ispirandosi ai guerriglieri peruviani di Sendero Luminoso, hanno condotto una sanguinosa campagna di violenze e attentati. Quasi un terzo del territorio sarebbe sotto il loro controllo.
Proprio l’incapacità dell’ultimo premier Sher Bahadur Deuba di convincere i ribelli a sedersi al tavolo dei negoziati avrebbe portato alla svolta assolutista di re Gyanendra che 14 mesi fa ha silurato «per inettitudine» il governo da lui nominato e assunto tutti i poteri. Il Parlamento era già stato sospeso nel 2003. Anche se il monarca ha promesso di restaurare la democrazia in un periodo di tre anni, di fatto, il Nepal è ritornato oggi a essere una monarchia assoluta come lo era prima del 1990, quando una sollevazione popolare aveva costretto il re a introdurre la prima costituzione.
Adesso che i maoisti, con la loro primula rossa, il «compagno» Prachanda, hanno fatto fronte comune con le principali forze politiche, l’assedio si stringe intorno a re Gyanendra.

Anche il Nepal potrebbe avere la sua rivoluzione arancione.

Commenti