Neruda e Rosales, la poesia mette d’accordo rossi e neri

Neruda e Rosales, la poesia mette d’accordo rossi e neri

da Madrid

Pablo Neruda ebbe negli anni ’30 una lunga frequentazione con i maggiori rappresentanti della Generazione del 27: Lorca, Alberti, Aleixandre, Guillén, Salinas, Altolaguirre ecc. Egli stesso informa che, ad accoglierlo alla stazione Atocha di Madrid, dove nel ’34 giungeva come console del suo Paese, c’era Lorca con un mazzo di fiori. Da allora fino allo scoppio della guerra civile, l’autore del Canto generale sarà uno dei grandi protagonisti della vita culturale della Spagna: a lui i compagni affidano la direzione della rivista Caballo verde para la poesía che pubblica il suo manifesto della poesia impura; ancora, e a sancire il loro rapporto di stima e amicizia, gli stampano un libro dei suoi versi.
Partecipa all’iniziativa anche un gruppo di giovani scrittori della generazione successiva, tra cui il poeta granadino Luis Rosales - futuro Premio Cervantes di letteratura -, nella cui casa Lorca si rifugia per sfuggire alla violenza dell’esercito nazionalista. L’episodio va ricordato poiché dopo la tragica morte di Lorca è calata su Rosales la falsa accusa di non aver protetto l’amico; inoltre, la sua giovanile militanza falangista ha costituito per i professionisti dell’ideologia un marchio difficile da cancellare e che investe anche l’opera letteraria, di particolare rilievo nella poesia spagnola contemporanea. Ora il ritrovamento di una corrispondenza inedita intercorsa tra Rosales e Neruda permette di smentire la dicotomia fra i due, confermando che continuano a essere - malgrado la diversa fede ideologica (quella di Rosales sfumata e poi rimossa dopo il dramma della guerra civile) - grandi amici che dialogano a distanza.
Lo mostra l’autografo che Pablo invia nel ’72 all’omaggio tributato da una rivista al poeta granadino, dove definisce Rosales «un antipolitico» che ha superato la tragedia della morte di Lorca alimentando in silenzio la parola poetica. Durante e dopo il conflitto spagnolo la loro relazione si interrompe; tuttavia nel ’71, in occasione dell’assegnazione a Neruda del Nobel, il legame fra i due poeti riprende e si rinsalda. Non si conosce alcuna dichiarazione ufficiale di Rosales per l’evento, ma possiamo immaginare la sua felicità, la stessa espressa dal compagno falangista, il poeta Luis Felipe Vivanco, che nel suo diario, con evidente ironia verso il regime, commenta così il premio a Neruda: «Che trionfo per la Spagna di Franco! Hanno dato il Nobel a Pablo Neruda. Domani Pablo Casals, a 95 anni, presenta l’inno musicale dell’ONU e Pablo Picasso compie 90 anni». Al ritorno da Stoccolma, l’aereo di Neruda fa scalo nell’aeroporto Barajas di Madrid, dove sono ad attenderlo Rosales e Vivanco: una foto dell’epoca ritrae Pablo sorridente fra i due amici.
Due anni dopo, sempre durante la dittatura, Rosales prepara un’antologia nerudiana, intorno alla quale gira un trittico di lettere inedite che hanno per tema la produzione di argomento politico. Neruda ha deciso di escluderla per una serie di dinieghi ricevuti in precedenza; ma in realtà l’autocensura è limitata al tema della guerra civile, a causa delle pressanti richieste degli editori spagnoli che temono l’intervento franchista.
La corrispondenza inizia con una lettera di Rosales (13 febbraio ’73), che chiede a Neruda conferma della sua autorizzazione a eliminare «tutta la poesia che abbia un carattere chiaramente politico». La risposta di Pablo, da Isla Negra, è immediata (15 febbraio) e informa sulle difficoltà incontrate per la diffusione della sua poesia in Spagna, per cui ritiene opportuno eliminare i testi «che riguardano temi della guerra civile, che altrimenti metterebbero in pericolo la pubblicazione»; però è contrario a togliere le altre composizioni di contenuto ideologico. Un’ultima lettera di Rosales (21 febbraio) chiude il trittico: Luis esprime soddisfazione per il chiarimento avuto, mostrandosi d’accordo con le indicazioni ricevute dall’amico, poiché, commenta: «eliminare da una antologia così ampia della tua opera le poesie politiche non ha proprio senso». Entreranno infatti a far parte della grande raccolta da lui pubblicata molte composizioni del Canto generale sull’America dei grandi «fiumi arteriali» in opposizione a quella «della parrucca e della casacca», imposta dai colonizzatori spagnoli; né mancano testi da Le uve e il vento, come la poesia Il vento in Asia, un inno alla società comunista di Mao Tse-tung.

Insomma, Rosales è fedele all’impegno contratto con l’amico: espurga i testi «politici» di tema spagnolo ne e inserisce altri ideologici: liriche che comunque - scrive Neruda alludendo alla Spagna di Franco - «si possono pubblicare da voi».

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