«Nessuna talpa tra gli iracheni per l’attentato di Nassirya»

Aziz Khadom Alwan ha ordinato l’arresto di poliziotti e vigili del fuoco ma solo per mancata sorveglianza. «È stata Al Qaida»

Fausto Biloslavo

Il governatore della provincia di Dhi Qar ha ordinato l’arresto di poliziotti e vigili del fuoco iracheni, per non essersi accorti che il 27 aprile, sotto il loro naso, i terroristi avevano piazzato il micidiale ordigno che ha ucciso quattro soldati italiani ed un caporale romeno. Aziz Khadom Alwan, 52 anni, governatore di Nassirya, ribadisce che dopo il ritiro delle truppe italiane, previsto a fine anno, «ci sarà ancora bisogno del vostro aiuto». L’intervista esclusiva, al Giornale, della massima autorità irachena della provincia dove sono dispiegati i 2600 soldati della missione «Antica Babilonia», è stata possibile solo con domande e risposte scritte inviate per posta elettronica.
È vero che per l’attentato di Nassirya contro i soldati italiani lei ha fatto arrestare alcuni membri della forze di sicurezza?
«Sì, ho ordinato al capo della polizia di arrestare l’ufficiale responsabile del luogo dove è avvenuto l’incidente ed il suo gruppo di agenti, oltre ad alcuni vigili del fuoco. Vicino al punto dell’attentato c’è la caserma dei pompieri. Sarà fatta un’inchiesta e verranno puniti».
Lei intende che saranno puniti per non essere stati in grado di garantire la sicurezza della zona. Pensa che i terroristi abbiano infiltrato le vostre forze ricevendo un aiuto dall’interno per i loro attentati?
«Direi di no, almeno nella zona meridionale. Sicuramente ci sono, in alcuni casi, delle debolezze nel corpo di polizia provinciale a causa di un basso livello di addestramento e per la mancanza di mezzi adeguati come armi o veicoli, ma non crediamo che ci sia un aiuto diretto ai terroristi. Può essere che questo genere i problemi si verifichino nella zona occidentale del paese (il famigerato triangolo sunnita, ndr), ma non nella nostra provincia».
È vero che ha insistito con magistratura e polizia per far svolgere un’inchiesta a tutto campo, senza guardare in faccia nessuno?
«Ho ordinato di accelerare al massimo l’inchiesta sul caso con tutti i funzionari responsabili. Alcune persone sono sospettate e le indagini continuano. In tal senso abbiamo trovato degli elementi, che per ora non posso rivelare. Inoltre collaboriamo con le forze italiane, soprattutto a livello di scambio di informazioni, per arrivare all’arresto dei responsabili».
Si è fatto un’idea di chi può nascondersi dietro l’attacco?
«Le informazioni preliminari in nostro possesso indicano che si tratta dell’organizzazione di Al Qaida nel Sud dell’Irak».
Un’altra ipotesi indica il braccio armato di una milizia sciita.
«Non abbiamo alcuna pericolosa milizia a Nassirya. Tutti i partiti hanno i loro rappresentanti in Parlamento e nel governo. Inoltre i referenti locali sono in diretto collegamento con i leader ed eseguono i loro ordini ed istruzioni. E questi leader non hanno intenzione di esporsi negativamente con le forze multinazionali».
Gli italiani avevano già annunciato un graduale ritiro entro fine anno. Perché colpirli adesso in maniera così sanguinosa?
«Il motivo principale di questo attacco non è quello di esercitare una pressione per il ritiro delle forze italiane. L’attentato fa parte di un piano inteso a provocare anarchia, diminuire la sicurezza e far deragliare la formazione di un nuovo governo (si riferisce al governo nazionale iracheno, che dalle elezioni dello scorso anno non ha ancora visto la luce, ndr)».
Lei pensa che sarà necessaria una presenza militare italiana, seppure in termini ridotti, anche dopo la conclusione dell’attuale missione a fine anno?
«Il ritiro della vostre truppe è regolato da un accordo fra il governo centrale ed il governo italiano. Però penso che i soldati italiani siano venuti a Nassirya per aiutare ed addestrare le nostre forze di sicurezza, finanziare la ricostruzione e garantire l’assistenza umanitaria. Avete già fatto molto in questo governatorato, ma abbiamo ancora bisogno di aiuto».


Cosa prova per la morte di quattro soldati italiani ed un romeno nell’attentato del 27 aprile?
«Cosa possiamo dire dei soldati che muoiono per un altro Paese aiutando i loro fratelli iracheni? Li apprezziamo, li rispettiamo e li ricorderemo per sempre».

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