Il neurologo: «Aiutiamo così pazienti e famiglie»

C’è ancora molto da fare quando non c’è più niente da fare. E non è un gioco di parole. Perché anche per i malati terminali, l’ultimo tratto delle vita deve essere di qualità e contro la sofferenza. Se ne è parlato sabato scorso a Pegli dove si è svolto il primo convegno su «Le cure palliative in neurologia», organizzato da Paolo Tanganelli, direttore del dipartimento di Neurologia della Asl 3. Le cure palliative si rivolgono a pazienti colpiti da una malattia nel momento in cui questa non risponde più a trattamenti specifici e la successiva inevitabile conseguenza è la morte. «L’obiettivo primario delle cure palliative è di assicurare alle persone affette da patologie senza possibilità di guarigione il miglioramento o la migliore qualità di vita possibile, riducendo le cause di sofferenza», spiega Tanganelli che aggiunge come a questo punto la famiglia si trova sola con il proprio dolore, la paura, la depressione. «Questa - dice - è la fase delle cure palliative». Gli specialisti hanno spiegato come sia necessario anche per il medico «dare presenza» in questi momenti, assicurando insieme le possibilità che la medicina offre e la capacità di ascoltare, entrando in un approccio emotivo con i pazienti e anche con i familiari.

«Fino ad oggi si è parlato di cure palliative per i malati terminali oncologici o i pazienti affetti da Aids, ma ci sono anche molte malattie croniche che colpiscono gli anziani sono in realtà inguaribili - spiega Tanganelli - e quelle neurologiche costituiscono una percentuale altamente significativa, basti pensare ai malati di Alzheimer, di gravi ictus cerebrali o di sclerosi laterale amiotrofica: questi pazienti e le loro famiglie devono ottenere più sostegno».

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