Londra - Con l'addio di Gordon Brown al governo e alla guida del partito, si chiudono 13 anni di dominio del Labour, un'era caratterizzata dalle due anime: quella glamour di Tony Blair e "severa" di Brown. Tutto iniziò quando Blair arrivò a Downing Street da trionfatore nel 1997 contando su un programma riformatore liberista, un look giovanile (aveva solo 43 anni), una eloquenza irresistibile, e la promessa di rendere la Gran Bretagna di nuovo "cool" dopo anni di grigio rigore conservatore. Missione riuscita, la sua: sotto i suoi governi di New Labour (da molti pensato come la Terza via da seguire per i progressisti europei), e la direzione economica poco interventista imposta dal cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown, il Paese ha conosciuto un positivo ciclo economico con alta occupazione e una vivace vita culturale e artistica. Un ciclo che si è interrotto con la crisi finanziaria globale.
Ma il mito vincente di Tony Blair era già iniziato ad oscurarsi dal 2003 in poi, con l'impopolarissima scelta di andare in guerra in Iraq, percepita dalla maggior parte dei britannici come un appiattimento sulle posizioni americane. Le notizie successive sulle sue presunte bugie per giustificare l'azione militare hanno ulteriormente eroso la sua popolarità, oggi praticamente nulla in patria, anche dopo la rabbiosa e irriducibile testimonianza resa alla commissione d'inchiesta sulla guerra qualche mese fa. Blair è riuscito però a portare a casa un terzo storico mandato per il Labour nel 2005, passando finalmente il timone all'amico-rivale Brown, che entra finalmente a Downing Street nel giugno 2007, con un passaggio di consegne non sancito dal voto. E nei primi mesi quel suo stile un po' ruvido, diametralmente opposto a quello di Blair, sembra assai gradito ai connazionali: Brown promette sostanza, ama poco le telecamere e affronta con sicurezza problemi spinosi ed emergenze. Ma poi, nel 2008, arriva il crollo delle banche, il salvataggio degli istituti con denaro pubblico, e in pochi mesi, se non settimane, la Gran Bretagna entra in recessione.
Il volto grave del premier scozzese, che riscopre la mano pesante dello Stato nell'economia, diventa il bersaglio della frustrazione di chi perde il lavoro, dei tempi cupi che hanno travolto un Paese che si vantava del tumultuoso ciclo di crescita e benessere.
E paradossalmente ora che si inizia a intravvedere la luce alla fine del tunnel, grazie soprattutto - lo ha riconosciuto anche il Financial Times - alla capacità di Brown di gestire la crisi anche a costo di far gonfiare il debito pubblico, i laburisti hanno ricevuto il benservito e inizia l'era dei Conservatori alleati con i Liberaldemocratici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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