Nicolas ci crede ancora: «Vincerò col 50,2%»

L’ora «X» è arrivata. Rien ne va plus. I giochi sono chiusi. La Francia oggi saprà chi guiderà la nave - per dirla con le parole del presidente uscente - in questi giorni di tempesta economica. Da stasera François Hollande - che ha trascorso il giorno di silenzio elettorale in giro per il mercato della sua città, Tulle - e Nicolas Sarkozy - rimasto in casa con la moglie Carla Bruni e la figlia Giulia - non saranno più sfidanti, ma il 24esimo presidente francese e lo sconfitto. I sondaggi prevedono proprio in quest’ordine: il candidato socialista nella veste di nuovo «re» di Francia e il capo di Stato uscente in quella di leader bocciato dalle urne.
Eppure nello staff di Sarkò non tira affatto brutta aria. Quegli stessi sondaggi che danno il presidente-candidato sconfitto al ballottaggio di oggi dimostrano in realtà come il leader della destra abbia recuperato riducendo lo scarto con l’avversario socialista a soli quattro punti (48%-52%). Numeri che possono essere ribaltati dalle tante variabili di un’elezione. «Sta succedendo qualcosa - giura Nathalie Kosciusko-Morizet, portavoce della campagna di Sarkozy - è un’elezione che si vince di stretta misura». Guillaume Peltier, consigliere nazionale Ump, rivela al Monde (che ieri titolava proprio sulla «speranza folle» del presidente) che «Sarkozy è convinto che si vada verso la più grossa sorpresa della Quinta repubblica». Per lui, il presidente è «fra il 49% e il 50,5%, Hollande fra il 49,5% e il 51%». Uno scarto talmente ridotto da farlo sbilanciare fino alla previsione finora ritenuta improbabile: «Non è detto che alle 20 sapremo il nome del vincitore». Così anche Hollande manda un messaggio quasi scaramantico agli elettori: «Non commettete l’errore di pensare che tutto sia deciso, io non sono sicuro di niente».
La Francia attende con impazienza, ma anche il mondo intero guarda a Parigi con grande interesse. L’Europa aspetta di sapere se gli equilibri interni saranno modificati dall’insediamento di un nuovo presidente. Ma il mondo resta abbastanza incerto sulla politica estera che il vincitore metterà in campo. Perché la campagna elettorale che si chiude con il voto di oggi è stata orientata soprattutto su economia ed Europa, ma ben poco su altre tematiche. Così François Hollande ha fatto sapere che se diventerà presidente si impegnerà per il ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan (ma solo le truppe da combattimento) entro la fine del 2012. Quasi inesistenti - ricordava ieri il Monde - le prese di posizione sul nucleare iraniano, la repressione civile in Siria e i legami con gli Stati Uniti.

Più deciso Sarkozy, promotore dell’azione militare che ha portato alla fine del regime libico di Muammar Gheddafi. Tramite il ministro degli Esteri Alain Juppé, il presidente ha fatto sapere che se la mediazione per la fine della repressione in Siria fallirà, Parigi è pronta a una nuova azione militare concordata in sede Onu.

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