Nicoli Cristiani a casa con l’ok della Procura

Nicoli Cristiani a casa con l’ok della Procura

Dopo quasi tre mesi di carcere è tornato libero ieri Franco Nicoli Cristiani, ex assessore regionale al Commercio, arrestato il 30 novembre su ordine della Procura di Bergamo per una tangente da centomila euro sulla discarica della cava di Cappella Cantone, vicino a Cremona. La scarcerazione di Nicoli Cristiani è stata decisa dal giudice preliminare con il parere favorevole del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, titolare dell’inchiesta. Decisivi, per convincere la Procura a aprire la cella di Nicoli, sono stati da una parte i progressi dell’indagine, dall’altra le dimissioni dell’indagato da tutti gli incarichi politici e di partito, che rendono improbabile che l’ex assessore possa commettere altri reati.
L’arresto di Nicoli Cristiani, uno degli esponenti più in vista del Pdl a Brescia, punto di riferimento per numerosi pacchetti di tesserati, aveva messo sotto il tiro dei mass media la giunta regionale di Roberto Formigoni, anche perchè era stato seguito a poca distanza dall’arresto di un altro ex assessore pidiellino, Massimo Ponzoni. Ma il governatore Formigoni aveva preso rapidamente le distanze dall’operato di entrambi, rimarcando il fatto che non fossero stati confermati negli incarichi di giunta dopo le ultime elezioni.
Ma le indagini della Procura di Bergamo avevano rivelato come anche dopo la perdita della poltrona di assessore Nicoli continuasse ad essere il terminale di molte decisioni, specialmente in materia ambientale. Nella «spartizione» dei piani cave, all’ex assessore bresciano le indagini ritagliano un ruolo rilevante. Ma per ora le accuse formalizzate dalla Procura si fermano alla discarica di Cappella Cantone, e ai centomila euro che l’imprenditore Locatelli gli avrebbe fato avere attraverso un intermediario, il funzionario dell’Arp a Giuseppe Rotondaro.
Nel corso della perquisizione a casa di Nicoli Cristiani, al momento dell’arresto, erano saltati fuori centomila euro in contanti, e si era pensato che potesse trattarsi proprio della tangente inviata da Locatelli. Ma il taglio delle banconote non corrispondeva. E così il tribunale della Libertà, nell’ordinanza con cui respingeva la richiesta di scarcerazione di Nicoli, ipotizzava apertamente che si trattasse di una seconda tangente, legata ad una operazione ancora da individuare.
Non risulta che Nicoli, in queste settimane in carcere, abbia scelto di guadagnarsi la scarcerazione collaborando con la Procura.

Ma l’inchiesta comunque è andata avanti, e il quadro dei riscontri è - nella valutazione di Robledo - abbastanza avanzato da poter rimandare Nicoli a casa senza rischi. Anche se è presto per parlare di rinvio a giudizio.

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