Niente attenuanti: Margelu condannato a 30 anni di carcere

Soddisfatta Roberta, la figlia del ciclista: «Una decisione esemplare»

Trent’anni di reclusione, e niente attenuanti generiche. Questa la pena inflitta con rito abbreviato dal gup Marcello Liotta nei confronti di Elivis Eugen Tranca, alias Relu Margelu, il romeno accusato di aver aggredito e ferito a morte, il 17 agosto del 2007, Luigi Moriccioli sulla pista ciclabile all’altezza di Tor di Valle. L’uomo morì il 4 ottobre successivo. Una sentenza che è andata oltre la richiesta del pm Giuseppe Corasaniti: 28 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato e rapina. Il gup ha inoltre disposto che il romeno paghi una provvisionale immediatamente esecutiva pari a 300mila euro in favore delle due figlie e della moglie di Moriccioli, costituitesi parte civile nel processo con l’avvocato Francesco Misiani. Secondo l’accusa Margelu avrebbe accettato il rischio di uccidere il ciclista in relazione alla forza con cui gli ha inferto il colpo poi rivelatosi mortale. Nel corso degli interrogatori il romeno ammise di aver aggredito Moriccioli, sostenendo però che non voleva assolutamente ucciderlo. Insieme a Margelu partecipò all’aggressione anche un suo connazionale 15enne che, il 27 marzo scorso, è stato condannato con rito abbreviato dal gup del tribunale per i minorenni Paola Manfredonia a dieci anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Nel corso dell’agguato, al ciclista furono rapinati un telefono cellulare, il portafogli e un lettore musicale. Dopo l’aggressione i due stranieri si diedero alla fuga nuotando da una sponda all’altra del Tevere incalzati dalle sirene della polizia e dal rumore di un elicottero: i due romeni furono fermati dalla forze dell’ordine la notte del 23 agosto.
Soddisfatta la figlia della vittima, Roberta Moriccioli, commentando la sentenza accanto alla madre Gabriella Mecarelli, al termine dell’udienza: «Una condanna esemplare che è un grande segnale anche per i temi legati alla questione sicurezza a Roma». «La morte di mio padre, il suo omicidio - ha spiegato ancora la ragazza, candidata non eletta per il Pdl alle scorse elezioni provinciali - è comunque un dolore che non si cancella». Ma almeno il dramma di Luigi Moriccioli è servito a qualcosa: «Sulla pista ciclabile dove fu ucciso mio padre - ha concluso Roberta - adesso ci sono una dozzina di colonnine Sos e ben dodici telecamere, e dall’aggressione a oggi non si sono più verificati fatti violenti in quel tratto».

L’unica «pecca» della sentenza, secondo i familiari del malcapitato ciclista, è il rigetto della istanza fatta dalle parti civili di citare il comune di Roma come responsabile civile. Il gip Liotta non ha infatti accolto tale richiesta. Le parti civili però non demordono, e hanno già annunciato che citeranno il Campidoglio nel giudizio civile.

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