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Niger-gate, così lo 007 francese accusa Cia e Sismi senza prove

L’ex funzionario della Dgse cacciato per aver spiato il presidente Chirac sbaglia nomi, date e circostanze

Mario Sechi

da Roma

Il pentolone del Niger-gate continua a bollire, ma la pietanza che qualcuno cerca di cucinare ha sempre gli ingredienti sbagliati. Prima di occuparci dell’ennesimo polpettone di Repubblica, diamo una notizia: l’Agenzia atomica internazionale ha inviato questa settimana i suoi ispettori in Niger. Non si tratta di una gita di piacere, ma di una missione delicatissima: i funzionari dell’Onu devono istruire le guardie di confine nigerine per evitare che l’uranio estratto nel Paese (la principale industria insieme all’esportazione di capre) vada a finire nelle mani del terrorismo o di paesi stranieri a caccia della Bomba. Fino a ieri i teorici del complotto neoconservatore per scatenare la guerra, avevano sempre negato che in Niger vi fossero problemi sui controlli. Il Giornale aveva raccontato invece un’altra storia: il trasporto di uranio era a dir poco insicuro, solo due gendarmi per scortare yellowcake lungo migliaia di chilometri. Una preda facile per qualunque gruppo bene armato e organizzato. Domanda: chi estrae l’uranio in Niger? La Francia. Che ha il controllo totale delle miniere attraverso la Cogema.
L’arrivo dell’Aiea in Niger questa settimana ripropone, ancora una volta, il tema della sicurezza sul nucleare e il ruolo della Francia nel periodo precedente l’intervento in Irak. Un ruolo che fino all’altro ieri, Repubblica non aveva minimamente sfiorato. Dopo giorni di imbarazzato silenzio, il quotidiano di largo Fochetti scopre che a Parigi c’è qualcuno che dice di sapere parecchie cose dell’Irak, del Niger, dell’uranio. Il problema è che la fonte interpellata, Alain Chouet è non solo un ex funzionario della Dgse (il Servizio francese che pagava Rocco Martino, il postino delle lettere false), ma è anche uno dei due dirigenti (l’altro è Gilbert Flam) finiti nello scandalo del complotto contro Chirac ordito dai servizi francesi «deviati». La vita privata del presidente francese sarebbe stata passata al setaccio dalla sua struttura per favorire la sinistra di Lionel Jospin. Un dettaglio insignificante per Repubblica, che presentando l’immacolata figura di Chouet omette di riferirlo parlando di un signore «che lascia il servizio alla fine dell’estate del 2002 dopo uno scontro interno al servizio e la riorganizzazione voluta da Chirac». Seguono le onorificenze e le medaglie al valore, che non cancellano però l’onta della sua defenestrazione. Il signor Chouet è, dunque, una fonte da maneggiare con cura. Non è la bocca della verità ma, come notano al Sismi, fa parte della lunga lista di «ex» qualcosa «che senza titolo parlano senza serietà di cose serie».
Cosa rivela l’ex spia francese? E cosa rilancia Repubblica nell’ennesima versione dei fatti, continuamente riveduta e corretta in corso d’opera? È presto detto.
1. Secondo Chouet, Martino non lavorava per il servizio segreto francese ma per il Sismi.
È semplicemente falso. Rocco Martino, come dimostrano le indagini di controspionaggio in via di ultimazione, era pagato mensilmente dalla Dgse. Lo confessa lo stesso Martino al Giornale, lo ribadisce agli americani della Cbs (che non mandarono in onda la prima intervista perché Martino omise di dire che lavorava per Parigi). Si tratta di un dato chiaro, certo, documentato, non smentibile. I contatti di Martino con gli 007 transalpini risalgono - secondo gli ultimi accertamenti - addirittura a metà anni Novanta.
2. Chouet fa risalire gli incontri di Martino a fine luglio 2002 con Jaques Nadal, un agente francese a Bruxelles per dire che il Sismi seguiva Martino da prima dell’uscita delle lettere false (ottobre 2002). E a dimostrazione di ciò ironizza dicendo che gli incontri con Nadal sono certificati proprio da una foto del Sismi pubblicata sui giornali italiani.
È clamorosamente falso. Il signor Chouet - se la data degli incontri fosse quella - era già stato messo a riposo dai primi giorni di luglio (e non dalla fine dell’estate come scrive Repubblica) e dunque non era operativo e non poteva sapere. Ma c’è di più: gli incontri di Martino a Bruxelles e in Lussemburgo sono documentati con data e ora, sono successivi al 2002, risalgono al 2004 e sono ampiamente documentati in oltre duecento fotogrammi e tre ore di registrazione. Valga per tutti quanto accade alla fine di luglio (del 2004, non del 2002): Martino fa scalo a Bruxelles e vola in Lussemburgo dove incontra in una libreria il signore ritratto nella foto (che Chouet dice essere il suo uomo fidato, Jaques Nadal, e invece tragicomicamente è un altro agente). Ad assistere segretamente al rendez-vous ci sono 14 agenti del Sismi e 7 spie francesi. Scambio di documenti, buste, parole. Tutto filmato. Tutto.
L’indomani la scena si ripete, stavolta a Bruxelles, dove Martino nella sede «coperta» della Dgse è di casa da lungo tempo. Qui nel 2003 ha provato a piazzare il carteggio falso anche all’ambasciata inglese - dopo aver consultato i suoi referenti francesi - e qui a fine luglio 2004 vede i giornalisti del Sunday Times per l’intervista del 1 agosto. All’incontro si sfiora l’incidente, non solo diplomatico: ci sono ancora le 14 barbe finte italiane, rispuntano le spie francesi (stavolta sono 12, e c’è finalmente Nadal che dirige le operazioni da un bar), 4 fotoreporter, 2 giornalisti inglesi e lui, Rocco Martino. Trentatre persone in tutto tra il terminal della sala Eurostar e la biglietteria. Troppa gente. Gli italiani trovano il modo di dare la lieta novella ai francesi: «Siamo qui. Che si fa? Vogliamo farci del male?». I francesi al telefono negano di essere dove sono, ma in mezzo minuto si volatilizzano. Restano i fotoreporter, il Sismi pensa ad un’ulteriore squadra di controsorveglianza della Dgse quand’invece sono i paparazzi del Sunday Times accucciati per immortalare l’«italiano». Il Sismi documenta tutto, spie, spioni e giornalisti. Martino non si accorge di nulla, fatta l’intervista cerca di contattare Nadal. Ma l’uomo di Chouet (non quella della foto) al bar non c’è più. E non c’è più in ambasciata. Sparito. Per sei mesi non si fa trovare.
3. Chouet dice che la Cia sapeva dei falsi fin dall’estate del 2002 e sono gli Stati Uniti a inviare i falsi ai francesi.
Palesemente falso. Il rapporto bipartisan della commissione del Senato Usa parla chiaro. Pagina 36: «Le prime notizie alla comunità di intelligence sull’uranio in Niger arrivano nell’ottobre 2001». Notizie condivise da tutti i servizi segreti (francesi compresi) non il dossier di Martino. Questo arriverà solo un anno dopo all’ambasciata americana a Roma, il 9 ottobre del 2002, attraverso la giornalista di Panorama Elisabetta Burba. Questi sono i fatti.

Le ricostruzioni di Chouet (e di Repubblica) sono tutte sballate, ma forse saranno utili lo stesso perché stavolta la Cia non pare voler soprassedere. Come facevano notare ieri a Forte Braschi «Chouet pensando di infastidire il Sismi, ha gettato fango sulla Cia, comportamento singolare per chi afferma che i rapporti fra la Cia e la Dgse sono eccellenti».

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