«Sulle moschee la Lega pone un problema culturale di cui dobbiamo farci carico». Parola del sindaco, Letizia Moratti, che in unintervista al Giornale ha ribadito il suo desiderio di difendere lidentità cristiana della città e del Paese: «Milano ha già cinque luoghi di culto per i musulmani, il rischio reale delloggi è la deriva di chi vuole togliere i presepi o si oppone alle politiche che valorizzano la famiglia e il sentimento religioso».
Alla vigilia di Natale il leghista Mario Borghezio ha fatto sventolare dal tetto del Duomo uno striscione con la scritta «no moschee», poche ore dopo che il consiglio comunale di Milano aveva approvato (con lopposizione del Carroccio) un emendamento al bilancio nel quale si dice che «il Comune deve impegnarsi a garantire luoghi di culto per i fedeli islamici». Non si parla esplicitamente di moschee, come non ne aveva parlato larcivescovo, Dionigi Tettamanzi, durante il discorso di SantAmbrogio in cui aveva sollevato il problema di garantire luoghi di preghiera. Garantire libertà di culto, sembra la tesi sottintesa anche al discorso del sindaco, non implica la costruzione di un edificio con tanto di minareto.
Il vicesindaco, Riccardo De Corato, rilancia lidea del referendum consultivo e sottolinea come i luoghi di culto in cui possono pregare gli islamici siano anche più di cinque: «In verità sono una decina. E alcune di queste strutture, via Cambini, via Iseo, via Padova, senza dimenticare il Palasharp, sono comunali». Qualsiasi ulteriore passo, secondo De Corato, va concordato con la cittadinanza: «Prima di ascoltare la Lega che sulle moschee pone correttamente la questione della difesa dellidentità culturale, come ha detto giustamente il sindaco Moratti, occorre ascoltare i cittadini milanesi che sullapertura di altri luoghi di culto sono i primi a essere interessati». Il primo a lanciare lidea di un referendum era stato il ministro per le Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi. «È la soluzione più democratica», insiste De Corato, che è anche deputato del Pdl oltre che numero due della giunta e assessore alla Sicurezza. Aggiunge: «Su alcuni luoghi e in particolare viale Jenner non possiamo sottacere alcuni problemi di fondo, che investono direttamente la sicurezza della città. Finché ci saranno dei responsabili come limam Abu Imad e il presidente Abdel Shaari i rapporti con le istituzioni non potranno avere proficui sviluppi». Il riferimento è al fatto che Abu Imad è stato condannato in secondo grado per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo e Abdel Shaari è stato ritenuto «persona non gradita» in Egitto.
Soddisfatto delle parole della Moratti il capodelegazione della Lega in giunta regionale, Davide Boni: ««Troppo spesso ci si perde in numerose questioni senza comprendere come lintegrazione non passa certamente attraverso la distruzione della nostra cultura, quasi che il timore di non offendere chi non la pensa come noi prendesse il sopravvento su quello che siamo e sul nostro passato».
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