No ai finanziamenti federali? Obama è un voltagabbana, parola del «New York Times»

Ottantacinque milioni, circa uno al giorno, non sono esattamente «cibo per polli», ha detto Michael Malbin, direttore dell’Istituto per i finanziamenti della campagna, un organismo bipartisan. Soprattutto se, stando all’ultimo sondaggio di Newsweek, hai 15 punti percentuali di vantaggio sul tuo avversario. Soprattutto se avevi sempre detto di credere nel finanziamento pubblico e di voler tenere lontane le lobbies e i loro finanziamenti dalla politica.
Per Barack Obama, dunque, aver rinunciato ai soldi garantiti dallo Stato e aver deciso di continuare a raccogliere le donazioni dei privati cittadini potrebbe essere stato un passo falso. Un passo falso costoso. Al singolo elettore magari non importa molto della decisione del candidato democratico, interessato com’è all’aumento dei prezzi della benzina o alla guerra in Irak. Ma molti dei principali giornali americani, compreso il New York Times, la bibbia dei liberal, si sono dedicati all’argomento. E non ci sono certo andati leggeri col senatore dell’Illinois.
«Obama ha rinunciato alla sua promessa - ha scritto il quotidiano della Grande Mela -. Non si è allontanato da una politica legata ai propri interessi». Dietro il flip-flop (così gli americani indicano un comportamento da voltagabbana) sui fondi c’è il nuovo modo di raccogliere denaro ideato dal senatore afroamericano: una catena di Sant’Antonio elettronica che gli garantisce molti più soldi di quelli pubblici. Alla fine di aprile Obama aveva raccolto 265 milioni di dollari, e secondo le stime saranno circa altrettanti quelli che avrà a disposizione per l’ultima parte della campagna. Perché dunque rinunciare a un simile vantaggio?
Dopo aver schiacciato Hillary Clinton con la potenza economica della sua campagna, il senatore dell’Illinois vorrebbe provare a fare lo stesso anche con il rivale repubblicano, John McCain. Che però, da vecchia volpe della politica, non ha perso l’occasione di sfruttare l’ingenuità dell’avversario.
Il suo portavoce ieri ha così commentato la decisione di Obama: «Più guardiamo le sue parole, più diventa difficile capire cosa pensi e creda veramente». Un affondo deciso con cui ha trovato degli alleati insospettabili. Come Usa Today, il più diffuso quotidiano statunitense, che pur non supportando apertamente nessun candidato, ha detto che «preferire i soldi ai principi è stata una mossa ingenua che dimostra che non è un vero riformatore».
Un pensiero condiviso anche dagli opinionisti del Washington Post, il principale quotidiano della capitale, che ha calcato ulteriormente la mano. «Il tentativo di ammantare la rottura della promessa sul finanziamento pubblico nella nebbia di una altruistica dedizione al bene pubblico è un boccone duro da mandare giù».
Non che Barack Obama non abbia provato a giustificarsi. Ma non è servito a nulla il tentativo del candidato democratico di spiegare che l’ha fatto perché le leggi sul finanziamento pubblico sono manipolabili e i repubblicani in questo sono bravissimi.

Non è servito a nulla nemmeno sostenere di aver inventato «un modello parallelo di finanziamento pubblico», dicendo che i soldi gli arrivano dai privati in modiche somme, 5-10-20 dollari, visto che può contare anche sull’appoggio di Wall Street.
Insomma, anche se il singolo elettore non avesse notato il colpo da voltagabbana di Obama, lo ha fatto la stampa. E potrebbe essere il punto di svolta di questa corsa alla Casa Bianca.

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