No di An ai tre mini-campi: «Sono un palliativo»

Tre campi per ospitare i rom di Triboniano? «Non serve a nulla». Anzi, la cura Moratti «è un palliativo» che rischia solo di «incendiare gli animi dei milanesi, col rischio che si cada nella giustizia sommaria». Parole pesanti come pietre quelle firmate da Roberto Alboni, capogruppo regionale di An, che boccia il piano messo a punto dall’amministrazione di Palazzo Marino e suggerisce al primo cittadino «che non capisce queste cose, di parlare con cittadini».
Ma Alleanza nazionale è pure contraria all’ipotesi (comunque smentita dall’assessore comunale Mariolina Moioli) di erigere un muro: «Luoghi recintati e sorvegliati già ci sono e si chiamano galere, allora tanto vale mandarli direttamente là». E per togliere ogni dubbio, Alboni fa sapere che «i campo nomadi non dovrebbero neppure esistere: se amano la definizione di “nomadi” vuol dire che non sono stanziali, passano e se ne vanno in poco tempo, non hanno bisogno cioè di nessun tipo d’area attrezzata o sistemata con luce ed acqua». Virgolettati che non ricevono replica dal Comune di Milano, neppure quell’aggiunta dove il rappresentante lombardo di An annota che «sarebbe il caso che le Istituzioni sondassero il parere dei residenti nelle aree limitrofe ai campi, che non paiono tanto d’accordo nell’avere vicino persone di un certo tipo».
E mentre il presidente dei Verdi ambrosiani, Carlo Monguzzi, fa sapere che «un Paese civile garantisce accoglienza a chi ha bisogno» e che «in prigione, nella mia mente, ci vanno i ladri di tutte le etnie e di tutti i colori», Carlo Bonfanti della Margherita aggiunge che «le parole di An hanno un sapore amaro, che fa senso se si pensa al prezzo pagato dai rom nei campi di concentramento nazisti». Giudizi negativi sottoscritti pure dal capogruppo regionale Ds, Giuseppe Benigni: «Quelle di Alboni sono dichiarazioni irrecevibili in un Paese civile».

«Dichiarazioni» che Francesco Caruso (Rifondazione) definisce «inquietanti e oscene», anche se An chiarisce che «nessuno nega la solidarietà e l’accoglienza» ma che «lo status di rifugiati dei quali costoro (i rom, ndr) si fregiano suona spesso come una scusa per ottenere tutto».

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