
da Cannes
Toccherà a un musical francese aprire la kermesse più famosa del mondo. Partir un jour aprirà ufficialmente il Festival di Cannes numero 78 che ieri il direttore artistico Thierry Fremaux ha presentato in una tempesta di domande.
Quanto è alta la febbre per un'edizione che segue direttamente quella che ha battuto tutti i record un anno fa è la curiosità maggiore e Fremaux ha stemperato citando Aki Kaurismaki. «L'unica pressione che conta è quella della birra» ha risposto tra i sorrisi.
Tuttavia, dietro i convenevoli, si sono nascoste le solite provocazioni legate al Metoo. «Della questione Depardieu, faccio un commento da cittadino. Si tratta di una querelle che dirimeranno i giudici e i tribunali del suo Paese». Che poi è anche quello che ospita il Festival. Fine dei giochi perché i giochi, quelli veri, cominciano oggi. E il piatto è ricco.
Nella cerimonia di apertura a Robert De Niro verrà consegnata la Palma d'oro alla carriera (forse per mano di Leonardo Di Caprio) che dodici mesi fa andò a Meryl Streep. Poi il divo di Hollywood incontrerà la critica il giorno successivo e largo ai film, che già partono con il botto di un ritorno da brividi. Quello di Ethan Hunt - Tom Cruise, protagonista e produttore dell'ultimo capitolo di Mission impossible, accompagnato dal regista Christopher McQuarrie che parlerà mercoledì.
Tra i debutti anche un film francese con la presenza di Pierfrancesco Favino. Enzo di Laurent Cantet è in corsa in una sezione collaterale ed è una racconto di formazione di un giovane di 16 anni di cui l'attore italiano è il padre. Un film di sensazioni diffuse e problemi legati all'adolescenza. Al benessere. E alla comprensione della propria identità sessuale. Temi attuali in un festival attento al sociale e meno ai social. Tanto è vero che ieri è uscito un decalogo un po' puritano in un affaire mondano come la Croisette: bandite le nudità. E il riferimento andava a Bella Hadid che, lo scorso anno, aveva deciso di non lasciare nulla all'immaginazione. Addio anche agli abiti con lo strascico che creavano problemi sul red carpet e in teatro. Basta a selfie tra pubblico e divi e tra i divi stessi che spesso si ritraevano come ricordo della presenza a Cannes. Niente borse, zaini e sneakers. Addio ai tacchi per le lacrime di molte donne, in passerella per piacere e farsi ammirare.
«Vestiti voluminosi non c'entrano con lo spirito del festival» è stato deciso dall'organizzazione, attenta al significato delle opere, più che all'avvenenza delle protagoniste.
In questa prospettiva Fremaux ha toccato il tasto dei fratelli Dardenne, per la nona volta in Costa Azzurra, sottolineando il loro impegno e mostrando che, accanto a presenze consolidate, sono molti gli esordi e i debutti di artisti alla prima o seconda esperienza.
È il caso del nostro Mario Martone mentre fanno eccezione i film dedicati all'Ucraina. Un trittico per «condannare l'aggressore russo in linea con l'appello di Leone XIV per la fine di tutte le guerre». Uno spirito che ha portato a ospitare nuovamente Jafar Panahi, ripetutamente bersaglio del governo iraniano.
Non poteva mancare un riferimento a Israele, quasi totalmente assente dalla kermesse. «Abbiamo visionato molti film ma nessuno, come tempistiche, era pronto per questa edizione del Festival di Cannes».
Insomma frivolezze all'indice a favore di contenuti di spessore. Un tasto un po' sensibile se si pensa che l'anno scorso finì per trionfare Anora che non brillava certo per temi filosofeggianti, mettendo in campo una sorta di donna oggetto che, proprio una donna come Greta Gerwig, allora presidente di giuria, aveva deciso di premiare tra lo stupore generale.
Quest'anno tocca a un'altra presidentessa, Juliette Binoche, che completa una squadra tutta in rosa per le giurie delle varie sezioni. Una scelta che forse alimenterà qualche polemica passando dalle quote rosa alle quote azzurre. Ma questa è un'altra storia, ancora tutta da scrivere, che qualcuno però ha già fischiato alle orecchie di Fremaux.
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