La nobile fuga di un anziano dalla vecchiaia

Kerbaker è molto abile nel guidarci nella mente di un uomo che perde pezzi di memoria e si sposta con difficoltà, ma conserva le pulsioni più nobili

La nobile fuga di un anziano dalla vecchiaia
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Come Diogene, che metteva al primo posto la libertà, anche il protagonista dell'ultimo romanzo di Andrea Kerbaker (Casa, dolce casa, Guanda, 144 pagg., 16 euro), un suddito di sua Maestà britannica molto in là con l'età, vorrebbe poter bere un bicchiere di vino, se gli va; fare due passi senza essere accompagnato; visitare un negozio e comperare qualcosa senza dover chiedere il permesso. Solo che non può: vive infatti in una casa di riposo quasi di lusso - può permettersela: è stato un pezzo grosso di un'azienda che fabbrica ascensori - che porta un nome beffardo, La dolce vita: dove per ragioni squisitamente biologiche muoiono, si spera dolcemente, un paio di ospiti la settimana. Di dolce non c'è niente, perché vi si sommano le piacevolezze di un ospedale con la severità di un penitenziario: "Questa non è vita, è una prigione. E visto che finisce con un funerale, è un ergastolo". Vedovo in seguito a un tragico incidente, è anche isolato dai parenti stretti: le e questo accresce un senso di abbandono al quale bisogna reagire. Magari con una fuga.

L'ingresso dell'ospizio, sorvegliato da un portiere che ogni tanto si distrae o si assenta per andare in bagno, promette bene, ma il primo tentativo fallisce miseramente: acciuffato mentre si accinge a salire su un autobus, l'aspirante fuggiasco è ricondotto all'ovile fra mille rimproveri. Il secondo tentativo, invece, riesce, con qualche interessante complicazione. In fondo al progetto di fuga c'è la destinazione adombrata dal titolo, il ritorno a casa; quell'"home sweet home" che per ogni inglese è la porzione anticipata di paradiso in terra.

Kerbaker è molto abile nel guidarci nella mente di un uomo che perde pezzi di memoria e si sposta con difficoltà, ma conserva le pulsioni più nobili: l'attaccamento alla dignità dell'essere umano e soprattutto il desiderio di libertà.

La narrazione non scivola mai nel patetico (lo impediscono l'umorismo e la forza morale del protagonista), ma apre comunque una finestra su una fase della vita che con il crescere dell'età media degli europei diventa sempre più vasta; nonché gestita con sistemi sui quali è lecito mettere un punto interrogativo. Pochi se ne sono accorti, ma ultimamente, dopo aver liberato i matti, abbiamo incarcerato i vecchi.

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