Paolo Giordano
nostro inviato a Sanremo
Direttore Del Noce, si fermi per favore. Un voto a Panariello?
«Alto. Almeno per limpegno».
E a Dante Ferretti?
«Gli do zero. La scenografia ha distrutto lidea di Festival».
Anche gli autori però...
«Di certo non hanno valorizzato la gara, che era intensa e quindi spettacolare. Ma è difficile capire di chi sia esattamente la colpa, magari possono essere stati stoppati dal presentatore».
Però Ramazzotti non lha stoppato nessuno.
«Non vorrei dare a quellepisodio più del peso che merita».
LUsigrai dice che i tiggì hanno censurato il gestaccio e le parole irriguardose a Gianni Letta durante la consegna delle insegne da commendatore.
«Della censura non posso sapere nulla. Penso solo che sarebbe inutile oscurare in tv un fatto quando è avvenuto in pubblico. Tanto più che il giorno dopo lo pubblicheranno tutti i giornali».
I Nomadi hanno riconosciuto la correttezza di questo Festival.
«Li ringrazio, sono musicisti leali, non per nulla hanno mantenuto un grande seguito per quarantanni».
E il vincitore Povia?
«Promosso. Sono contento che abbia vinto il Festival».
Però Del Noce è più contento che sia finito, il Festival. Il direttore di Raiuno ha appena archiviato la conferenza stampa del suo probabile addio alla Rai e gira per gli uffici dellAriston in giacca blu e dolcevita turchese. È tempo di resa dei conti. Nei camerini lo attende Lucio Presta, manager di Bonolis, e laltro giorno sono stati anche a pranzo sulla sua barca: «Siamo amici da anni e i nostri rapporti sono sempre rimasti ottimi». Intanto Panariello ha appena messo la sua ciliegina sulla torta dicendo che degli ascolti «non me ne frega nulla». E, casomai non fosse stato abbastanza chiaro, ha aggiunto che «se non si avvia un processo di modernizzazione del Festival, non solo delle scene ma anche di testa e di idee, Sanremo diventerà uno show qualsiasi che poi dovrà veramente combattere con il Grande fratello». E così, oplà, il piatto è servito.
Del Noce, impossibile non replicare.
«Nessuno ha imposto nulla a Panariello e quello che è andato in scena è stato il frutto di un lavoro comune. Se uno rinuncia a essere se stesso, rinuncia a una certezza. Si può fare, ma solo fuori dalla televisione per poi portare il progetto in tv. Oppure è un suicidio annunciato».
Lei che cosa gli ha chiesto quando è scattata loperazione Festival?
«Gli ho chiesto di fare il vero Panariello, di portare le sue imitazioni tipo quelle di Renato Zero o Julio Iglesias, che tra laltro sarebbero state perfette per uno spettacolo come il Festival».
Infatti ci ha provato dopo il tonfo della prima serata.
«Quella notte siamo rimasti fino alle cinque e mezza a parlare».
Appunto.
«A Panariello riconosco un atteggiamento umile e volenteroso, ma la prima puntata ha innescato un paradosso: non si capiva chi faceva che cosa. A quel punto una parte di spettatori era ormai irrimediabilmente persa».
Ecco, lAuditel.
«Su questo tipo di argomenti si sentono dire tante demenze. Solo adesso, tra laltro».
Dopo cinque giorni di tensione, Panariello si è sfogato.
«Ma questi sono discorsi fuori luogo: è come dire che i giornali possono restare invenduti o i teatri vuoti. Tutti sappiamo che non può essere così. LAuditel conta, eccome. E solo con lAuditel possiamo garantire certi investimenti».
Quadrare i conti è il tormento dei direttori di rete.
«Ma il mio è un discorso più generale. Spesso a Raiuno ho avuto limpressione di remare da solo.
Lei scende?
«Mai dire mai».
Insomma, cambia ruolo?
«Io dico di sì. Dopo i successi che ho avuto, il mio ciclo è finito e credo che sia giusto passare la mano a qualcun altro».
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