Politica

Noemi sbarca a Venezia con monsignor Milingo

Ho conosciuto la ragazza di cui parlano i giornali: manifesta candore e un'ingenuità inaspettata. Questa campagna mediatica le ha procurato un danno esistenziale: non è un personaggio negativo

In un certo senso è lo stesso mio atteggiamento psicologico a indicare una situazione anomala e perfino un pericolo. Dal giorno in cui la vicenda di Noemi Letizia è diventata materia di cannibalismo giornalistico, di continuo pettegolezzo, in termini anche ossessivi, molti avranno desiderato incontrarla, e io fra questi. Ma, per quello che riguarda il mio stato d’animo, da tempo mi chiedevo in quale occasione e in quali termini sarebbe stato possibile incontrare Noemi. E non posso negare di essere stato trattenuto da una vaga preoccupazione di essere danneggiato o di essere male interpretato, dall’incontro con lei.

Sono quattro mesi che il nome di Noemi Letizia è sulle pagine più significative di politica nazionale di Repubblica 2000, secondo quotidiano italiano e primo giornale di partito d’Italia, con l’attenzione specialistica di un esperto di criminalità e di mafia come Giuseppe D’Avanzo che assume il ruolo dell’inquisitore con due serie di dieci domande pubblicate ogni giorno. Con questa campagna ogni stimolo o curiosità verso Noemi Letizia e i suoi familiari si iscrive in una dimensione sinistra e in una prospettiva suggestivamente criminale. Meglio non farsi mettere in mezzo. E così, nel corso di questi mesi, questa popolarissima ragazza si è allontanata e non avvicinata alla logica conseguenza della curiosità, che è il desiderio di conoscenza che si prova per ogni personaggio popolare. In questo caso popolarità e distanza, popolarità e diffidenza. Così, per molti mesi, Noemi Letizia è stata sul piano dell’inchiesta, territorio esclusivo di Giuseppe D’Avanzo, vero maniaco sessuale con un solo obiettivo, con una tormentosa ossessione. Così, messa in sonno la mia curiosità, non mi sarei mai aspettato una telefonata, al limite dello scherzo, nella quale un vecchio amico padovano mi invitava a un incontro con Noemi Letizia e, per rendere ancora più forte il piatto, il vescovo Milingo. Devo dire che l’ipotesi dello scherzo mi sembrava la più verosimile, ma l’amico Renato Nuvoletto è un uomo semplice, incapace di concepire un piano così macchinoso. Così ho accettato un incontro sulla strada da Venezia a Milano, in quella bella cittadina sul Brenta che è Dolo. Incontrarsi a Dolo. Quasi il titolo di un racconto. Dunque alle 14,40 confermo il mio passaggio e alle 15 arrivo a Dolo dove Nuvoletto mi dà appuntamento all’hotel Goetzen. Quando arrivo davanti a questo piccolo ed elegante albergo, e non vedo nessuno, invece di entrare dal cortile, giro intorno alla cinta di mura e vedo un pontile di gusto veneziano con alcuni tavoli. Mi giro e noto un uomo elegante e magro coi capelli che subito mi richiamano, pur più folti, quelli di Berlusconi, e riconosco Elio Letizia, il padre. Mi accompagna nell’albergo dove trovo con gli amici padovani la mamma di Noemi. Simpatizza subito e inizia uno scambio di battute di straordinaria semplicità, senza imbarazzi e sospetti. E intanto iniziano le fotografie per un servizio richiesto da Chi, credo anche in prospettiva del sorprendente incontro con Milingo nel propizio scenario dell’hotel Excelsior al Lido di Venezia in occasione del Festival del Cinema e per annunciare il film sulla camorra (Camorra day) dell’ingegnoso Massimo Emilio Gobbi costato solo 150mila euro, ma senza finanziamenti pubblici.

Finalmente scende, molto curata, con un’elegante pettinatura e un semplice vestito blu a tubino con accennate pieghe, Noemi. Si siede, mi guarda incuriosita e tace. Io inizio allora a fare domande sulla nota vicenda. Ma non sono quelle di Repubblica 2000, ma quelle generate dalla curiosità di capire come sia cambiata la sua vita. Da un lato mi conferma il compiacimento e il divertimento della popolarità, dall’altro la necessità di cambiare abitudini, comportamenti, amicizie. Mi racconta di come le amiche le abbiano rubato gli sms per venderli ai giornali, di come sia osservata in ogni movimento in questo sorprendente passaggio da donna a diva, senz’altra ragione che la morbosa curiosità che la trasformazione in casus belli, in questione di stato, come neppure Claretta Petacci.

Poi Noemi mi accompagna in una passeggiata «colpevole», quasi per giocare con il fotografo che riprende le scene di un fotoromanzo da raccontare. È semplice e gentile e mi colpisce la rivelazione che il quinto anno di superiori debba frequentarlo non più in una scuola statale ma in una scuola privata per sottrarsi al disagio di una esposizione pubblica improvvisamente ingigantita.

Mi rendo conto allora che la campagna di Repubblica 2000 ha procurato un danno esistenziale, un evidente obbligo di cambiare abitudini e di essere percepita come un personaggio negativo o minaccioso. Tutto meno quello che manifesta di essere nella sua semplicità di ragazza, non più né meno maliziosa delle sue coetanee. Così, mentre fingiamo una fuga, sempre con il fotografo nervoso e agitato, tra scatti rubati e scatti posati, penso che la vicenda è stata violenta soprattutto per lei, dannosa soprattutto per lei, al di là del piacere di una popolarità di cui non sono chiari i frutti. Noemi è un’opera d’arte vivente, il frutto di un’esperienza «comportamentista» che la fa essere un’icona, al di là di ciò che fa. Ne è un esempio la sua omologa Paris Hilton. E però Repubblica 2000 ha danneggiato più lei che Berlusconi iscrivendola in un tipo di autore di donna pericolosa dai comportamenti discutibili, leggera, e rischiosa da frequentare. Niente di più lontano dalla verità. La conclusione è che non Berlusconi ma Noemi dovrebbe fare una causa civile per danni a Repubblica che usato e abusato del suo nome, del suo personaggio, della sua vita.

E, in verità, da persona l’ha costretta a diventare personaggio e non certo quello che lei avrebbe voluto e che desidera.

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