Noi andiamo in B ma basta con la favola «l’arbitro non incide»

In via del tutto eccezionale, dovrei cambiare la testatina della rubrica in «Io mi schieno». Ho un motivo plausibile: tengo all’Atalanta. Pareggiando con il Bologna, la mia squadra ha messo un piede e tre-quarti in serie B. Non è una tragedia. Non è la prima volta che succede. Ma io e la mia città siamo comunque schienati. In questo momento siamo pronti a fare feroce autocritica per un campionato veramente penoso, siamo pronti a flagellarci e a nasconderci per l’umiliazione, ma proprio in questo preciso momento siamo qui a chiedere un favore personale, di pura carità umana: per favore, non ci vengano più a raccontare che l’arbitro non può decidere il risultato. Tutto siamo pronti a sopportare, anche il derby con l’Albinoleffe: ma mai più questa solenne bischerata.
Mi rendo conto che il discorso avrebbe tutto un altro peso e tutto un altro strascico se i fatti si riferissero a un Roma-Inter o a un Milan-Juve. Nel calcio italiano, ma effettivamente non solo nel calcio, i principi sono molto relativi: la spintarella in Roma-Inter va avanti per mesi, lo scandalo in Bari-Chievo o in Genoa-Udinese sfuma via e si esaurisce con il servizietto di “90° minuto”.
Nonostante questo, voglio espormi al ridicolo e al patetico: anche se siamo piccoli, anche se siamo di provincia, possiamo vantare qualche buona ragione. Atalanta-Bologna ci resterà nella memoria per un lungo tempo. Perchè mai come questa volta, contro tutti gli stupidi luoghi comuni sull’arbitro che non decide niente, tutto dipende dall’arbitro. Si chiama Tagliavento, passa per il migliore (non farò la battuta “figuriamoci gli altri”: mi limito a pensarla). Inutile stia qui a rifare la cronaca dello scontro decisivo, le televisioni hanno già ampiamente dato. Mi limito a sottolineare l’essenziale. Atto primo: dopo una mezz’ora, Tagliavento non ammonisce per la seconda volta Mutarelli, lasciando così il Bologna in undici. Cacciasse Mutarelli, con l’Atalanta già in vantaggio per 1-0, la nostra domenica potrebbe rivelarsi gustosa: nel nostro piccolo, potremmo continuare a sperare nella serie A (da noi conta più di uno scudetto: bisogna perderla, per capire quanto). Niente, Tagliavento, quello che non può incidere sui risultati, passa oltre e arriva al 45’. Qui, non passa oltre. Prima fischia un rigore contro l’Atalanta con palla già uscita, quindi caccia Pellegrino per proteste (Pellegrino sbaglia, ma in una situazione così tesa sbaglia solo con una parola di troppo: quante volte i giocatori mettono le mani addosso agli arbitri e restano in campo?). Il bel momento di sport si chiude con Tagliavento che annulla il rigore concesso, dopo consultazione col guardalinee, ma con la partita completamente ribaltata: da Atalanta in undici contro Bologna in dieci, che poteva essere, diventa nella ripresa Atalanta in dieci contro Bologna in undici. Per noi, finisce poi nel modo più atroce e beffardo: proprio Peluso, entrato a sostituire l’espulso Pellegrino, segna il fantozziano autogol che ci spedisce in B al termine di un campionato fantozziano.
Scandalo a Bergamo? Non è questo il punto. Tagliavento può davvero essere il migliore arbitro italiano. Voglio anche dire apertamente che Tagliavento va considerato in buonafede. Voglio crederlo. Ma non è questo il tema del lamento: il tema vero e fondamentale è che devono piantarla di raccontare che gli arbitri non decidono le partite. A Bergamo, per combinazione, Tagliavento decide un intero campionato.
Arbitrare non è facile, questo è un luogo comune che accetto. Però attenzione, vediamo di non esagerare: nel calcio è molto difficile anche giocare e tifare. Tutti hanno le loro brave fatiche. Sono gli arbitri, stranamente, a godere di una particolare riverenza. Sono gli unici a godere dell’appellativo “Signor” prima del cognome. E quando non basta dire che non incidono sul risultato, godono pure di un famoso paracadute: “E comunque, alla fine torti e favori si bilanciano”.
Ma dove, ma quando. Io me ne vado in serie B - dove periodicamente soggiorno - senza ulteriori sceneggiate.

Complimenti al Bologna, tanti auguri al Bologna. Però me ne vado portandomi dietro una certezza: l’arbitro, da sempre, decide più di un grande bomber. Non a caso, ci sono dirigenti che nella loro carriera hanno comprato più gli arbitri dei bomber.

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