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«Noi donne, pronte a scannarci per una medaglia»

Buongiorno Antonietta, ovvero Di Martino, un cognome, una garanzia di crapa tosta. Sarà che, per abitudine, lei punta sempre al salto in alto, ma ora manca solo la sua firma. Domani comincia il mondiale dell’atletica a Berlino, le tocca concludere l’estate in rosa delle ragazze d’Italia. Conviene?
«Io firmerei. Anzi, le dico subito: la tedesca Friedrick va per l’oro, poi c’è un gruppo di noi, che lotta per le altre due medaglie. Dovremo scannarci. Ma io sono pronta a scannarmi. Sono combattiva. E tutto è uno stimolo».
Anche il fatto che quest’anno le donne azzurre conducono la danza delle medaglie. E non solo?
«I fatti parlano chiaro: oggi siamo meglio dei maschi. Una novità legata all’evoluzione della donna anche nello sport. Gli uomini hanno sempre fatto tutto quanto volevano. Adesso pure noi. Sa quanto bisognava sudare per fare sport? E quanti occhi sgranati».
Il segreto della vostra forza?
«Siamo più forti psicologicamente, più abituate a soffrire anche per ragioni fisiologiche. Più testarde. Quando decidiamo una cosa, quella è».
Ma nell’atletica non è così facile vincere medaglie e battere record come nel nuoto, per esempio...
«No, non è semplice. C’è più specializzazione. Per esempio, è impossibile battere il record dell’alto e del lungo. Se uno corre 800 e 1500 metri difficilmente avrà i due primati».
Loro hanno i costumi hi-tech...
«Ecco, io per battere record come loro dovrei avere scarpe con le molle. Da noi i primati resistono anni, non parliamo poi di quelli ottenuti con controlli antidoping facili».
A parte Schwazer, anche nell’atletica il potere è rosa. Magari non proprio da medaglia...
«Da due-tre anni è così. Siamo testarde. Guardi Elisa Cusma, la nostra ragazza del mezzofondo: fuori campo è brava, tranquilla, ma in pista che grinta! Non bastano qualità e talento. Servono tante cose, anche persone giuste al fianco. Occorre una buona stella che ti preservi dagli infortuni. Ne so qualcosa».
A Pechino ha subito una delusione, niente podio dopo l’argento ai mondiali di Osaka...
«Delusa no. È difficile che rimanga delusa, però ho perso un’occasione. Troppe cose non sono andate bene. Ho sentito mancare fiducia e lealtà di chi ti sta vicino. Quando si spezzano certi equilibri... ho fatto finta di niente, ma col senno di poi non mi comporterei così».
Cioè?
«Siamo noi atleti che soffriamo, lottiamo, ci alleniamo sotto l’acqua. Ho lavorato per 4 anni, mi sono operata, tutto per l’Olimpiade. Però quando le cose non vanno bene si divide in due, non si scarica tutto sull’atleta».
Ma quest’anno Antonietta Di Martino ha un’altra faccia...
«Vero, la tempesta è passata. A gennaio avevo deciso di lasciare l’atletica. Troppo delusa dai comportamenti delle persone vicine. Ero distrutta, dopo i Giochi non riuscivo più a muovere un muscolo. Ma grazie al mio fidanzato ho preso un’altra rotta».
Come ha fatto?
«Primo: ho cambiato allenatore. Secondo: ho variato il modo di pensare. Non me la prendo più e mi difendo molto di più: magari mi assumevo colpe che non avevo. Ora non ci casco. Terzo, ho ascoltato il mio ragazzo che mi ha convinto a non mollare».
Ha anche cambiato linea?
«Ho perso peso, sono diventata più asciutta, ma più forte. Ho fatto lavori diversi e i risultati si sono visti: ho saltato due volte i 2 metri. Eppoi ho mancato quei 2,02. Mannaggia! Ero sicura di farcela».
Anche la Vlasic, la stangona croata delusa dal flop olimpico, sembra in tilt. Si è smagrita.
«Guardi che io mangio. Blanca, invece, mi sembra prosciugata psicologicamente: salta da quando aveva 18 anni, non si ferma mai, vive a casa sua un mese all’anno. Rispetto alla Friedrick è ancora la più brava. Ma talvolta fisico e sistema nervoso ti danno lo stop».
I medagliati olimpici hanno avuto vetrina, soprattutto televisiva. Un salto di qualità rispetto al passato. Le è spiaciuto esser in seconda linea?
«Logico che le medaglie abbiano più vetrina. Però amo l’atletica e non vivo per comparire in Tv. Sennò farei altro. È vero, invece, che ci stiamo allineando ad altri Paesi: all’estero i campioni dello sport sono più sdoganati che in Italia».


Allora Antonietta, come finirà a Berlino? Una medaglia? Due? Ce la farete?
«Me lo auguro: per l’Italia e per noi che fatichiamo tanto».

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