«Noi e il Louvre, un sodalizio vincente»

Lunedì, mentre i funzionari del Louvre si apprestavano a verificare che il San Giovanni Battista di Leonardo fosse stato conservato a dovere in vista dell'imminente ritorno a Parigi, davanti a Palazzo Marino c'era ancora qualcuno che chiedeva di vedere l'opera. Perché Leonardo a Milano, la mostra che per un mese ha esposto gratuitamente il capolavoro del Da Vinci nel palazzo del nostro comune, è andata meglio del previsto: 180.600 i visitatori, 27mila solo nell'ultimo fine settimana. Promossa e realizzata da Eni con il Museo del Louvre, in collaborazione con il comune di Milano, la mostra è stata curata da Valeria Merlini e Daniela Storti: a Valeria Merlini, già curatrice lo scorso anno di Caravaggio a Milano, che ebbe 170mila presenze, domandiamo i motivi del successo.
Dottoressa Merlini, si aspettava tanti milanesi in coda per il San Giovanni, opera di certo non tra le più famose di Leonardo?
«Siamo soddisfatti: presentare una singola opera, corredata di approfondimenti sull'autore, sulla sua epoca e sul restauro effettuato, ha permesso al pubblico di concentrarsi meglio. Ovviamente operazioni come queste non vogliono essere un sostituto delle mostre antologiche o delle visite ai musei, ma un'offerta alternativa e utile».
Vittorio Sgarbi, sul Giornale, ha parlato di "effetto Leonardo", quasi che le mostre a lui dedicate siano una moda acchiappa-pubblico.
«Non sono d'accordo. L'intento di mostre come queste è quello di intercettare un pubblico più vasto, non sempre predisposto alla fruizione di mostre: abbiamo scelto Palazzo Marino per catturare anche chi di solito non frequenta i consueti spazi museali. Il documentario all'interno della mostra così come la presenza di dottorandi e restauratori pronti a rispondere alle domande dei visitatori al posto delle asettiche audioguide, senza contare tutto il lavoro fatto con i bambini, ci hanno restituito visitatori interessati e attenti. La coda a Palazzo Marino non è stata una "sfilata": molta gente ha visitato la mostra più volte, magari portandoci un parente».
Quanto ha contato, nel successo dell'iniziativa, la possibilità di vedere il San Giovanni Battista così da vicino?
«Al Louvre il San Giovanni, che di per sé è piccolo e ha sfondo scuro, sta tra La vergine delle rocce e Sant'Anna, Madonna con bambino e l'agnello, dipinti leonardeschi famosi e di grande dimensione che ne penalizzano la fruizione. Grazie a una teca blindata ma perfettamente trasparente, i milanesi hanno potuto godere di una visione perfetta del dipinto, che fu realizzato proprio a Milano, ma esposto nella nostra città solo settant'anni fa in Triennale».
Come nasce il rapporto tra Milano, il museo francese ed Eni?
«Delle cosiddette "aperture" del Louvre, come la discussa sede ad Abu Dhabi, si è detto molto, spesso criticando. Invece il Louvre è un'istituzione di grande prestigio e dinamismo, capace di valorizzare il suo patrimonio grazie ad accordi con le aziende, un comportamento che qui in Italia dovremmo cominciare a imitare per superare lo snobismo nei confronti dell'ingresso dei privati nella cultura.

In questo caso, Eni è mécène exceptionnel del Louvre, un accordo che prevede il sostegno a mostre nel museo parigino ma anche prestiti per eventi da realizzare nel nostro Paese. Posso anticipare che vedremo altri capolavori del Louvre in Italia».

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