«Noi siamo autocoscienti e non obbediamo solo alla legge del Dna»

F iorenzo Facchini - antropologo e sacerdote cattolico, autore di saggi come Le sfide dell’evoluzione e Le origini dell’uomo e l’evoluzione culturale per Jaca Book - è stato per decenni professore di antropologia, paleontologia umana e socioantropologia in diversi atenei, da Bologna a Bolzano. Ha condotto ricerche di biologia ad alta quota in Kazakhstan e in Kirghizistan, ed è stato premiato dall’Accademia dei Lincei.
Professore, E. O. Wilson scrive in Anthill che tra formiche e uomini ci sono «somiglianze decisive».
«Puro riduzionismo che non tiene conto del fattore dell’identità. A che serve cercare somiglianze tra due specie? È molto più importante ciò che è esclusivo di una rispetto all’altra. Cioè le differenze: è su queste che si basa l’identità di ciascuna specie».
Però tanto le formiche quanto gli uomini, dice Wilson, sono condizionati da patrimonio genetico e ambiente.
«Vero, ma che geni e ambiente siano gli unici fattori in gioco non lo sosterrei così facilmente. Wilson ha sempre detto che anche la cultura “è tenuta a guinzaglio dai geni e che il guinzaglio è certo molto lungo ma è pur sempre un guinzaglio”. È una visione che dimentica del tutto la consapevolezza umana, la capacità progettuale e quella di simbolizzazione, per non parlare della libertà. Cose che Wilson ritiene apparenti, non reali, ma d’altra parte la sua è una concezione deterministica».
Per Wilson le vicende delle formiche possono non essere da meno di quelle dell’Iliade.
«Non è accettabile. Anche i comportamenti più similari tra società umane e formiche vanno inquadrati in un insieme. Come dice lo zoologo Grassé, le regole delle formiche provengono dal loro DNA, tant’è che sono sempre le stesse, mentre quelle dell’uomo cambiano nel tempo. Il genetista neodarwinista Theodosius Dobzhansky afferma che le società umane non si regolano come quelle animali e proprio in questo continuo mutar di regole sta il trascendimento del regno animale da parte dell’uomo».
Nel libro di Wilson ci sono formiche atee e credenti. Queste ultime vedono l’esistenza degli dei negli «alberi che si muovono».
«Fantasie romanzesche più che legittime, dalle quali trapela che c’è qualcosa che a Wilson sfugge.

Ricordo che anche Teilhard de Chardin ha fatto un inno alla materia “adorabile”, compresa la parte inanimata, senza scordarsi di aggiungere, però, che l’assunzione che l’uomo fa della natura la fa nella misura in cui si rende conto di essere l’unico cosciente. È l’uomo che dà coscienza a tutto il resto».

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