Cronaca locale

Nomadi, via gli irregolari e presidi di polizia nei campi

Vertice in Prefettura del Comitato per la sicurezza. Quasi pronto il piano per affrontare il problema dei campi rom: mini-villaggi con al massimo cento persone e allontanamento dei clandestini

Chiara Campo

Tutti in campo per risolvere l’emergenza nomadi. Comune, Regione, Provincia, i rappresentanti delle forze dell’ordine e del terzo settore. Persino il procuratore capo della Repubblica, Manlio Minale, ieri per la prima volta ha partecipato in prefettura alla riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza. L’obiettivo è dare «una risposta corale - ha riassunto il prefetto Gian Valerio Lombardi - alla principale emergenza della città». Tradotto: i campi rom, «polveriere» nate in modo disordinato sul territorio, che devono lasciare il posto a mini-insediamenti gestiti dal volontariato e sorvegliati dalle forze di polizia e carabinieri. La pazienza dei residenti, un esempio su tutti sono quelli che vivono attorno a via Triboniano, è al limite. Ma il Piano strategico costruito da Palazzo Marino insieme alle forze del privato sociale è a buon punto, il sindaco Letizia Moratti ieri ha annunciato che «alla prossima riunione del Comitato potrà essere approvato».
Una volta siglato il protocollo, un pool costituito da operatori dei servizi sociali del Comune e forze dell’ordine entro una ventina di giorni farà il censimento dei nomadi in città e quello di tutti gli accampamenti esistenti, sia regolari che abusivi. Oggi i dati della prefettura parlano di circa 4mila rom sparsi sul territorio, ma l’anagrafe deve essere aggiornata e soprattutto deve indicare esattamente quanti sono i clandestini - che saranno allontanati - e i regolari, che dovranno accettare di integrarsi e rispettare le regole. Il direttore della Casa della carità don Virginio Colmegna, che è consulente del Comune per il progetto di ridimensionamento dei campi rom, precisa che «il piano prevede una politica rigida nei confronti di chi non accetta un percorso di integrazione, e ne implica l’allontanamento».
Il secondo step del piano prevede la riduzione dei campi esistenti: saranno attrezzati e non potranno ospitare più di 100-150 persone. Ognuno sarà gestito da associazioni di volontariato e avrà un presidio fisso di forze dell’ordine che controllerà chi entra e chi esce, per evitare l’intrusione di irregolari. Mai più - è l’obiettivo ambizioso delle istituzioni - situazioni esplosive come quella di via Triboniano, dove il campo è un crocevia di 400 zingari, almeno la metà irregolari. «Deve essere chiaro - ribadisce il vicesindaco e assessore alla Sicurezza, Riccardo De Corato - che non sarà creato un solo campo nuovo, si interverrà su quelli esistenti che verranno ridimensionati e gestiti in modo razionale». Ma per ogni intervento, a partire dalla mappatura, «deve essere garantita la presenza delle forze dell’ordine, perché gli operatori sociali e i volontari non possono compiere il censimento senza avere accanto le divise. Anche dopo la ristrutturazione dovranno esserci presidi della polizia». Il protocollo è anche un metodo di lavoro «che potrà essere esportato nell’hinterland». E proprio la Provincia dovrà collaborare al progetto, perché il ridimensionamento dei campi in città implicherà il traferimento di una parte dei nomadi fuori dai confini milanesi.
«Il messaggio che il comitato dà alla città - sottolinea don Colmegna - è che le istituzioni prendono finalmente in mano la questione in un’ottica di sicurezza per i milanesi». La presenza oggi dei rom «in modo disordinato sul territorio - ammette il prefetto - crea insicurezza nella gente. Cerchiamo di coniugare il principio di accoglienza e integrazione con l’esigenza di rimuovere le situazioni di sofferenza per i cittadini». Lombardi si è detto «grato al sindaco perché su alcune problematiche ha avviato un metodo di azione partecipata tra le istituzioni».

Il Comune, ha garantito la Moratti, «cercherà di dare una risposta corale ai temi che riguardano la sicurezza, analizzando innanzitutto la questione che riguarda i campi nomadi e richiedendo ad ognuno, nell’ambito delle proprie responsabilità, di prestare sempre maggiore attenzione alle diverse situazioni di criminalità».

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