di Camillo Langone
«Si mangia bene alla Masseria Spina di Monopoli?». «Non si mangia bene alla Masseria Spina di Monopoli, si mangia benissimo: non ricordo di avere mangiato altrettanto bene in Puglia salvo che in tre occasioni, e due erano centrate su frutti di mare crudi perciò senza grandi meriti del cuoco». «Quindi me lo consigli?» «Dipende. Dipende da quello che cerchi in un ristorante. Dipende se cerchi una grande cucina oppure una grande ristorazione (non sono la stessa cosa)». Questa conversazione sintetizza luci e ombre del nuovo locale di Angelo Sabatelli, cuoco assolutamente non vecchio nonostante qualche filo bianco nella barba, tornato nella città natale dopo aver lavorato in ristoranti stellati e forse perfino stellari di Giacarta, Hong Kong, Shanghai, Maurizio. Dopo i mari cinesi e l'Oceano Indiano eccolo finalmente in riva al molto meno esotico Adriatico, per tentare l'eccezione alla regola del «nemo propheta in patria» con un bagaglio invidiabile di esperienze e di tecniche.
L'Incontentabile però non lo invidia, visti l'obiettivo ambizioso e il ristorante semideserto (ma è ora di pranzo, a cena andrà diversamente). Ha l'impressione che Sabatelli abbia gettato il cuore oltre l'ostacolo, e anche solo per questo non lo può non ammirare. Lo ammira inoltre per la Melanzana arrosto «come una parmigiana»: non per il nome del piatto, affaticato dalle virgolette leziose, ma proprio per le melanzane che non sono fritte e quindi non sono come una parmigiana, sono molto meglio (più digeribili, tanto per cominciare).
Pochi minuti prima lo aveva ammirato per un Capocollo di Martina Franca sublime, servito con fichi scuri da mangiare con tanto di buccia. D'accordo, il grosso del merito va al norcino ma senza Sabatelli quando avrebbe un gustato un capocollo così, e con un abbinamento tanto azzardato e azzeccato? E dopo la melanzane lo ha ammirato per la Purea di fave con cicoria soffritta e ostriche marinate. Trattasi del tradizionalissimo piatto pugliese detto fava e cicoria, però con la novità dell'ostrica. Che dire? Ci sono persone pregiudizialmente contrarie a questi connubi e non sempre è un atteggiamento sbagliato. Secondo il filosofo Burke i pregiudizi spesso condensano la non disprezzabile esperienza delle generazioni passate, secondo il poeta Milosz spesso rappresentano un gran risparmio di tempo ed energie: «Non è possibile correre di qua e di là con la lingua penzoloni per verificare le innumerevoli informazioni che si affollano intorno a noi. I pregiudizi ci consentono di trascurarne alcune». L'amico Peter Glidewell, misoneista come ogni dandy, considera disdicevole contaminazione ogni mescolanza mare-terra e avrebbe pertanto bocciato l'epocale Passatina di ceci di Fulvio Pierangelini, che ai tempi del Gambero Rosso di San Vincenzo fece scuola unendo raffinati gamberi ai rustici legumi. A questo punto piacerebbe conoscere il giudizio di Alcmane e Seneca, che nell'Antica Grecia e nell'Antica Roma lodarono la polenta (o macco) di fave, però senza ostriche siccome Sabatelli non era ancora nato.
Ma la presente rubrica è contraria allo spiritismo, non evoca i morti e si basa sull'esperienza dei vivi, in questo caso positiva. Fossimo in inverno, quando le ostriche si trovano nella forma migliore, lo sarebbe stata ancora di più. Anche se, va detto, più che per il prestigioso mollusco il piatto resta nella memoria per l'umile fava, lavorata in modo da diventare velluto: mai gustata una favetta così fine. Chissà che tipo di setaccio usa Sabatelli, non certo quelli che si trovano nelle case per passare le verdure. Ben eseguiti gli altri piatti, gli Spaghetti Benedetto Cavalieri cacio, pepe, cozze e zucchine, le Orecchiette al Ragù (però mancante della carne di cavallo e questo dispiace all'Incontentabile che è un estremista ippofago), il Capretto arrosto...
Nella tavolata nessuno riesce ad assaggiare la Braciola di manzo al Negroamaro, presente nel menù degustazione ma non ordinabile da sola: è un supplizio di Tantalo sapere la braciola succulenta di là in cucina, vicina ma irraggiungibile. Si conoscono i problemi organizzativi ma un ristoratore non può instillare un desiderio senza poi soddisfarlo, a meno che non voglia passare per sadico o dispettoso. Ecco perché la Masseria Spina è una grande cucina e non un grande ristorante, malgrado l'edificio storico e scenografico, circondato dagli ulivi. Il piacere palatale viene boicottato dalla formula inflessibile, dalla rigidità del servizio, dalla freddezza della sala (non ci si riferisce alla temperatura dell'ambiente, chiaro). C'è anche il problema delle sedie rompischiena e dei tavoli le cui gambe sembrano appositamente disegnate per confliggere con le ginocchia dei commensali: è vero che siamo nati per soffrire ma al ristorante si paga per godere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.