«Nomina decisa con Siniscalco»

da Roma

Il caso Meocci? «Un pretesto per una campagna di denigrazione contro di noi». In una lunga e articolata dichiarazione congiunta, i consiglieri d’amministrazione della Rai Giovanna Bianchi Clerici, Gennaro Malgieri, Angelo Maria Petroni, Marco Staderini e Giuliano Urbani, escono dall’angolo e vanno all’attacco delle forze politiche impegnate in una colossale «opera di delegittimazione» e dei «potentati interessati a una facile conquista dell’azienda». «Il pretesto di questa campagna - scrivono i cinque consiglieri - è la vicenda della nomina di Alfredo Meocci a direttore generale». La disamina è articolata. I consiglieri ricordano l’intenzione di «sottoporre al ministro dell’Economia una rosa di nomi di professionisti qualificati ma il ministro in carica, Domenico Siniscalco, chiese al Consiglio di indicare un solo nome. Nome - quello di Meocci - che fu ricavato dalla rosa precedentemente individuata». I consiglieri citano i pareri legali favorevoli, la costante comunicazione con il Tesoro, l’assenza di una polizza assicurativa stipulata per l’occasione, la «benedizione» alla nomina di Meocci arrivata dal Collegio dei sindaci della Rai. Smentiscono, poi, che la multa abbia causato uno spreco di denaro pubblico visto che «il destinatario della somma pagata dalla Rai è stato il Tesoro ovvero la cassa comune di tutti gli italiani. La Rai, posseduta al 99,55 per cento dal Tesoro ha versato l’intero ammontare della sanzione nelle casse del suo azionista». I consiglieri ricordano anche i risultati d’ascolto e la gestione esemplare sul piano del pluralismo della campagna elettorale.

Il verdetto finale è quindi assolutamente limpido: Meocci «ha diretto benissimo la Rai, in particolare rinforzando lo spirito aziendale, rinsaldando il clima interno (come affermato anche dall’associazione dirigenti della Rai), e gestendo in modo impeccabile situazioni delicatissime quali la trasmissione di Celentano e di Santoro».

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