nostro inviato da Torino
Spaesata, ma non sprovveduta. Paola Savio e i suoi occhiali da prima della classe sono il bersaglio dei flash. E lei accetta la parte consegnatale dal turno di reperibilità come avvocato d'ufficio. «Quando mi è arrivata la telefonata ho pensato a uno scherzo, ma non riuscivo a riconoscere la voce. Allora ho capito e ho detto. Arrivo». Detto fatto, meglio di Garibaldi e del suo «ubbidisco». Il suo curriculum finisce sui taccuini: 38 anni, undici di professione, un matrimonio e due figli, la partecipazione come legale di parte civile ad almeno due dibattimenti delicati: quello, nel '97, per il delitto di un ragazzo a Chivasso e l'altro contro il serial killer Maurizio Minghella. Il sostituto procuratore generale Vittorio Corsi prova a sdrammatizzare il clima elettrico tributandole lodi rassicuranti: «È bravissima. L'imputata è rimasta in ottime mani». Poi, però, si tradisce e aggiunge: «Per studiare le carte ci vorrà almeno un anno».
Il verdetto, ormai a portata di mano, sembra svanire fra le brune: «Insciallah», ripete tre volte Corsi, con un pizzico di fatalismo poco piemontese. Lei, però, si riprende velocemente e mostra di saper padroneggiare la quasi surreale situazione: «Presidente - si rivolge a Pettenati con toni suadenti, lontani le mille miglia dallo stile aggressivo di Taormina - per legge ho diritto a sette giorni, ma lei capisce... poi, per carità, posso anche non dormire per tutte le notti». Pettenati scruta i periti, poi si fa coraggio e rinvia le operazioni al 4 dicembre. Ma lei quando prenderà la parola? Incontrerà la Franzoni? «Spero che sia lei - è la replica rapida - a voler incontrare me. È la sua vita che è in gioco».
A pochi metri, Taormina va all'attacco, come suo solito: «Questo è uno Stato contro il cittadino, che odia i cittadini con i quali si confronta». Il legale denuncia «contatti ravvicinati del terzo tipo fra la Procura generale e la corte», ad inquinare - secondo lui - un processo già inquinato, nullo e subito istradato sul binario della condanna. E ancora rivela una vecchia proposta, respinta perché indecente: «Durante le indagini gli inquirenti proposero alla Franzoni un accordo: la confessione in cambio della seminfermità». Qualcuno, maliziosamente, guarda in avanti e profetizza un'assoluzione a sorpresa, portata a casa dal nuovo difensore d'ufficio. «Sarebbe un bel colpo», risponde lui, imperturbabile.
Ma Paola Savio, guardinga, resta in posizione d'attesa.
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