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Nomine, veti incrociati Pd-Pdl: bloccati Orlando e Pecorella

L’ex sindaco di Palermo non sarà votato dal centrodestra per la Vigilanza Rai mentre la sinistra non sosterrà il deputato alla Consulta

Nomine, veti incrociati Pd-Pdl: bloccati Orlando e Pecorella

da Roma

I «significativi spiragli» che si erano aperti ieri «sembrano di nuovo chiusi», nota un «preoccupato» Renato Schifani, presidente del Senato.
Se qualcuno (pochi ingenui, nel Palazzo) aveva creduto che la soluzione del pasticcio Consulta-Vigilanza, che si trascina da mesi, fosse a un passo dalla soluzione, ieri è rimasto deluso. Da oggi le Camere sono convocate «a oltranza», e la commissione di Vigilanza pure: tre scrutini al giorno, anche venerdì e poi di nuovo lunedì, dai quali - al momento - non è destinato a uscire nulla. Il Pd ha formalizzato il suo «no» a Gaetano Pecorella, il giurista e parlamentare Pdl indicato dalla maggioranza per la Corte costituzionale. E ha confermato di voler continuare a sostenere la candidatura di Leoluca Orlando alla Vigilanza. Il Pdl invece continuerà a votare Pecorella, e a negare il via libera a Orlando. Tutto come prima. Con la differenza che ora il Parlamento rischia di restare bloccato dalle votazioni a vuoto, cosa che preoccupa non poco il capo del governo. Che non pare aver preso benissimo l’insistenza di Gianfranco Fini sulle convocazioni ad oltranza, con tutto quello che c’è in ballo, a cominciare dai provvedimenti anti-crisi.
Eppure il sospetto che, al di là degli annunci e delle reciproche accuse di facciata, ci sia una sorta di sotterranea intesa tra i due schieramenti continua ad aleggiare. Palazzo Chigi sapeva da ieri mattina che il Pd non avrebbe dato via libera a Pecorella; il leader del Pd sapeva che su Orlando non c’era nessuna apertura della maggioranza. E entrambe le parti avevano valutato la possibilità di passare a ipotesi subordinate. Il problema era come farlo: Veltroni ha spiegato ieri ai suoi che si aspettava l’offerta di una «rosa» di nomi per la Corte (e il Pd è prontissimo a votare sia per l’azzurro Donato Bruno che per l’ex Csm Giorgio Spangher, parrebbe), il che gli avrebbe reso più facile fare pressing su Di Pietro per convincerlo a recedere dal suo «o Orlando o morte», e a formare una rosa anche per la Vigilanza.
Magari infilandoci dentro anche quel Beppe Giulietti che è formalmente eletto da Idv (e la poltrona, nei piani di Walter, deve per forza andare ai dipietristi che se no reclamerebbero un posto nel Cda Rai a sue spese) ma viene dal Pd, è buon amico di Veltroni e ha rapporti cordiali anche nella maggioranza. Dal Pdl però non è arrivata alcuna rosa, solo il nome secco di Pecorella. «Hanno fatto i furbi per farlo bruciare a noi», si è lamentato il segretario. E così il Pd si è ritrovato inchiodato senza scampo al candidato unico di Di Pietro. Al quale della commissione di Vigilanza e di Orlando medesimo non potrebbe importare di meno, ma di continuare a tenere sotto tiro il Pd accusandolo a ogni minima mossa di cercare «l’inciucio» e il «tradimento» gli importa eccome.


Due accuse che Veltroni non può proprio permettersi, a nove giorni dalla manifestazione del 25 ottobre, e mentre sul suo tavolo - confidano in casa sua - arrivano sondaggi preoccupanti sull’Abruzzo, dove Idv minaccia di superare il Pd.

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