Non è arte ma trovata Vada a esporre altrove

La questione non è: provocazione o non provocazione. Bensì: quale arte negli spazi pubblici. Da un lato l’arte ha il diritto di libertà di manifestazione; dall’altro i luoghi di una città appartengono alla collettività, non sono proprietà degli artisti. E chi amministra la città deve rispettare la liberta dell’arte e garantire la dimensione pubblica degli spazi.
Consideriamo la vicenda di Cattelan. La sua idea di artisticità si basa sui principi comunicativi dello spettacolo e della pubblicità. Lui rifiuta qualunque prospettiva estetica della forma d’arte. Per quanto mi riguarda, non condivido quest’idea, che molti altri, invece, esaltano: non a caso Cattelan ha un’ottima quotazione di mercato. E veniamo all’oggetto (se fosse coerente non lo chiamerebbe «opera», ma la coerenza non gli conviene, s’intende economicamente) causa di scandalo e polemiche: la mano con il dito medio alzato in segno di scherno. Potrebbe, eventualmente, sentirsi offeso un americano, un inglese, non certo un francese, men che meno un italiano. Quel dito è completamente fuori dalla tradizione latina. Un gesto patetico, appunto, che partecipa alla globalizzazione dello scherno e si lascia aperta l’internazionalizzazione del mercato. Molto più significativa e grave per noi sarebbe stata una mano con l’indice e il mignolo che spuntano dal pugno chiuso: le classiche corna. Ma le corna derubricherebbero un artista dalle pretese internazionali a una dimensione nazional-popolare o, peggio, semplicemente partenopea. Più snob il dito medio alzato.
Ma la questione non è neppure quel ridicolo gesto di scherno da società globale. Io quell’oggetto di Cattelan non lo esporrei in nessuno spazio pubblico, proprio perché è un modesto oggetto. Se, per giunta, riesce anche a offendere il passante dai sentimenti più internazionali che nazional-partenopei, non si capisce per quale motivo lo si dovrebbe installare in un luogo pubblico. È come voler infliggere ai concittadini una pubblicità o uno spettacolino di dubbio gusto quando si era inizialmente mossi dal desiderio di arricchire le piazze di Milano con sculture. Si mettano quelle di Paladino, Pietrantoni, Borghi, Pomodoro, Anish Kapoor, Mitoraj: espressioni d’arte diversissime tra loro che comunque lavorano nella direzione di una ricerca estetica della forma artistica.
Ma anche quella di Cattelan è arte, viene sostenuto da fior di critici e da un ricco mercato: quindi, l’artista deve essere libero di esprimersi, perché l’arte non ammette vincoli. D’accordo: si esponga l’oggetto di Cattelan in una galleria compiacente. Ma cosi, si ribatte, perderebbe la funzione di provocazione. Allora sarebbe il caso di decidersi. Se l’installazione di Cattelan dev’essere provocatoria, come uno spettacolo o una pubblicità, non si capisce perché la gente dovrebbe essere provocata da Cattelan.

Se c’è chi l’apprezza in quanto opera d’arte e non si sente provocato o gli piace quel tipo di provocazione, vada a guardarlo in una galleria e abbia rispetto per chi vede in quella cosa un banale oggetto pubblicitario o si sente provocato.

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