Ma non bastava la gloria olimpica?

Diciamolo francamente: che venali questi atleti. Vincono una medaglia e pensano subito ai soldi. E non si accontentano del premio - che è un regalo, zitti e grazie - ma invocano anche la detassazione, che significa voler intascare quei soldi senza condividerli con la comunità nazionale. Proprio quella che applaude e si emoziona. Begli egoisti. Ma lo spirito delle Olimpiadi non è la sublimazione dello sport e dei buoni sentimenti che esso esprime? Gli atleti non sono forse dei dilettanti proprio per evitare contaminazioni con le bassezze del vil denaro?
Dicono: facciamo sacrifici per quattro anni e con noi, sul podio, sale l’Italia tutta. È vero. Ma quei sacrifici sono già finanziati dallo Stato, perché gli atleti sono carabinieri, finanzieri, militari che per quattro anni non indossano la divisa, ma la tuta, lavorano in palestra, non in caserma, e a fine mese ritirano lo stipendio. E poi: forse l’operatore di un call center o un turnista all’altoforno non fanno sacrifici?
Sull’orgoglio nazionale, nessuno lo mette in discussione. Ma le Olimpiadi, o i mondiali di calcio, non sono l’unico momento di gloria italica. Prendiamone un altro a caso, il premio Nobel: non risulta che l’assegno di un milione di dollari consegnato ai vincitori venga detassato; e non si può dire che il Nobel valga meno del tiro al piattello. Non risulta che Roberto Benigni, quando ha vinto l’Oscar per «La vita è bella», tra le prime dichiarazioni abbia chiesto un trattamento fiscale più morbido, in virtù del suo successo. Non risulta che Luca di Montezemolo, quando la Ferrari conquista un Mondiale, chieda detrazioni per l’azienda. Non risulta che quei commoventi atleti che partecipano alle Olimpiadi dei paraplegici, rincorrendosi a bordo di una corrozzella, chiedano alcun tipo di riconoscimento né economico né fiscale. Di qualunque nazionalità siano. A loro sì, basta partecipare.
Le Olimpiadi sono una grandiosa cassa di risonanza per chi non è abituato a stare costantemente sotto i riflettori del successo, come per esempio i calciatori. Forse c’è di mezzo qualche piccola invidia. Ma se i calciatori guadagnano di più, è perchè lo decide il mercato. Esiste il totocalcio, ma non il totonuoto.

E poi colpire un dischetto sparato in aria, non è un gioco di abilità? Come Tetris, come il cubo di Rubik, come il Sudoku? Ai mondiali di videogiochi, che forse avranno degli sponsor ma che sono guidati dalla passione e non certo dall’avidità, nessuno pensa che l’orgoglio nazionale vada ricompensato. Basta una breve in cronaca.
Al Coni si dovrebbe dare un suggerimento. I premi, anziché al lordo delle tasse, li indichi al netto. Dica 90mila euro, anziché 150; e nessuno potrà chiedere alcuna detassazione.

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