Ma non chiedete a Ibrahimovic di lavare i piatti

I calciatori come gli operai? I calciatori come le escort! Infatti anche loro si offrono al maggior offerente e, entrambi, quando scioperano incrociano le gambe.
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Buona, caro Venturo. Un po’ osé, ma buona. Però, però... non mi par di ricordare di uno sciopero delle escort (che dir si vogliono). Si vede che per quelle vispe signore il rapporto costi-benefici è ancora soddisfacente. Diciamo una tripla A della Standard & Poor’s. Secondo me lo è anche quello dei calciatori, ma il football è una delle tante cose che esula dai miei interessi, limitati al godimento nel vedere una bella partita. Dove non si contino i giocatori ripetutamente planati a terra per una spintarella e ivi, sul «tappeto erboso», mimare le sofferenze patite da Marcantonio Bragadin a Famagosta. Quel che so e che mi ha davvero incantato è che rivendicano anche il diritto di fare ciò che vogliono quando in libera uscita. Mentre la Lega Calcio, questo almeno ho letto, esige che il loro comportamento sia sempre, che indossino o non indossino la maglia e i calzoncini, «rigido ed eticamente irreprensibile». Peccato non ci sia una Lega Escort che imponga alle tesserate la stessa disciplina. Avrebbe multato certamente Patrizia D’Addario e non per le sceneggiate post villa Certosa, ma per essersi imbucata al convegno dei finiani a Bastia Umbra. Condotta che, mutatis mutandis, risulta essere troppo flessibile e reprensibile per una onesta lavoratrice ramo escort (a meno che la compagna futurista D’Addario non ritenesse che, essendone lo slogan «Nessun traguardo è precluso», l’adunata di «Futuro e libertà» potesse sortire qualche vantaggioso ingaggio). Ma torniamo al dunque: vedere scioperare chi in un mese guadagna come in un anno l’intero turno alla catena di montaggio del Lingotto fa un po’ senso, questo va detto. Però avere dei superiori che mettono il becco nella vita privata e impongono un contegno a loro gusto e giudizio ritenuto irreprensibile, magari giudicando motivo di reprensione un po’ di sana bisboccia, bé... sciopero magari no, ma lotta dura senza paura sì.
È veramente ridicola l’ambizione dei padroni del calcio di elevare il calciatore a modello del probo cittadino. Esempio - da seguire, da imitare - di comportamento, di virtù, di coscienza civica, di diligenza, di garbo, di buone e decorose maniere. Neanche a Nichi Vendola sarebbe venuta un’idea simile. Imporre l’immagine del goleador che, terminati gli allenamenti, si chiude in casa a leggersi l’Etica Nicomachea o a ripassarsi, con la moglie o compagna che sia, la Costituzione italiana. Già lo obbligano a entrare in campo tenendo per mano un marmocchio per via del deamicisiano luogo comune che chi compie quel gesto deve essere per forza bravo e buono. Pretendono anche che invece di fare un salto al Billionaire partecipi alle riunioni di condominio.

Ma si può essere più tartufoni di così? Se un calciatore è un mito, lo è per quello che combina sul «manto erboso», non per ciò che fa nel tinello di casa. Mai sentito uno che ammira e che si sforza di imitare un Ibrahimovic perché apparecchia, sparecchia e dopo lava anche i piatti.
Paolo Granzotto

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