Anche se ci hanno detto e scritto in tutte le salse di metterci il cuore in pace perché il 4° posto «è» della Juve che sennò «perde» 70 milioni di euro, io invito Palombo Marco Rossi e compagni a pedalare con tutte le forze senza alzare la testa dal manubrio perché il bailamme in questo campionato è tale che per Sampdoria e Genoa potrebbe non essere chimerico l'ultimo posto che dà diritto a frequentare la Champions League. A undici tappe dal traguardo la squadra di Del Neri è avanti di 11 punti e 8 posti rispetto alla Sampdoria che fu di Mazzarri un anno fa, sesta in zona Europa League a un punto dalla Juve e 3 dal Palermo: guai se non ci provasse. Il Grifone di Gasperini ha 6 punti in meno ed è 3 posti sotto rispetto a dodici mesi fa, ma ha appena dimostrato di non tremare nella tana dell'Orco nerazzurro che sta terrorizzando il campionato: guai se non ci provasse pure lui.
Domenica prossima la Sampdoria andrà a far visita al Bologna che dopo aver violato il Ferraris rossoblù ha azzoppato il Napoli di Mazzarri: 17 punti nei primi otto turni del girone di ritorno - al pari della Sampdoria - ha sommato la resuscitata squadra di Colomba, francamente troppi e non aggiungo altro. Lì si parrà la ritrovata nobilitate della banda Del Neri. Niente paura e avanti i carri. Domenica prossima il Genoa ospiterà il Cagliari che col Grifone condivide l'8° posto. Se Gasperini riuscisse a vincere l'ordalia rossoblù nei confronti di Allegri, da qui alla fine nessun traguardo gli sarebbe precluso. E allora sotto a becco duro.
Diciassette punti nelle prime otto partite del girone d'andata aveva sommato la Sampdoria con 5 vittorie 2 pareggi e una sconfitta, 5 gol di Pazzini, 3 di Mannini. Diciassette punti nelle prime otto partite del girone di ritorno ha sommato la Sampdoria con 5 vittorie 2 pareggi e una sconfitta, 5 gol di Pazzini, 2 di Pozzi e di Semioli. Quella Sampdoria di metà ottobre era seconda in classifica a 2 punti dall'Inter, piena zona Champions. Questa Sampdoria di metà marzo è «soltanto» sesta, zona Europa League, perché sul più bello (maramaldo 4-1 rifilato al Bologna, toh) si consegnò a una sconcertante ragna grigia - aggravata dalle umilianti legnate prese da Juve Genoa Milan e Livorno - che nelle dieci partite che conclusero il girone le «fruttò» la miseria di 6 punti. A quel punto, scuotendosi dal torpore, Del Neri comprese di dover dare all'ambiente una scossa e la diede da mille volts: fuori Cassano! Decisione tecnicamente giustificata dall'incipiente pubalgia di Fantantonio, dalla sopravvenuta ignavia di taluni compagni che trovavano finalmente più comodo scaricare ogni responsabilità su di lui, da un lieve appannamento di Pazzini, dalla tardiva scoperta che la sapienza tattica del recuperato Semioli e l'esperienza di Zauri e Lucchini fossero preferibili allo sconcertante affievolimento di Mannini e all'ingenuità di Cacciatore e Marco Rossi, dall'opportuno sfruttamento della straordinaria combattività di Pozzi, attaccante di ventura disposto a picchiarsi col mondo intero. Decisione vincente, peraltro spericolatamente radicalizzata dal tecnico in via mediatica: tant'è che se invece di vincere a Udine si fosse perso (quel giorno in quel match ci stava tutto) il clan blucerchiato sarebbe esploso come una polveriera.
E ora? Ora che si è rivisto Cassano e si è pubblicamente appurata l'autenticità della sua pubalgia in fase di guarigione, continua a preoccuparmi soltanto la sua schizzofrenica gestione da parte del tecnico. Baci abbracci e parole dolci al tempo dell'esaltante abbrivio di campionato, durezza di stampo austroungarico al tempo dell'incomunicabilità, impiego per 25 minuti dopo soli 5' di riscaldamento (anziché per 15' dopo 15' di riscaldamento come prudenza avrebbe dettato) su campo pesante contro la Lazio poche ore dopo averlo pubblicamente dichiarato inidoneo all'impegno agonistico per altre due o tre settimane. Per dirla con malizia: e se Del Neri avesse mandato ai naviganti un avviso del tipo «volevate rivedere Cassano in campo subito: beh, se si rompe siete accontentati»? Spero non sia così, perché con un Cassano ciliegione sulla torta blucerchiata nelle ultime 8-9 partite di campionato a quel 4° posto dei sogni non sarebbe folle ambire, ma non dimentico il detto di Andreotti...
Tredici punti nelle prime otto partite del girone d'andata aveva sommato il Genoa con 4 vittorie un pareggio e 3 sconfitte. Undici punti nelle prime otto partite del girone di ritorno ha sommato il Genoa con 3 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte. Quel Grifone di metà ottobre era 6° in classifica, zona Europa League, a 2 punti da Juve e Fiorentina che chiudevano la zona Champions. Questo Grifone di metà marzo è «soltanto» 8° in compagnia del Cagliari, a 4 punti dalla zona Europa League e a 7 dalla Champions, perché - come d'altronde all'andata - è stato falcidiato da tutte le disgrazie del mondo, e a gennaio ha cambiato di sana pianta i due bomber designati. Ecco spiegato pure perché il suo capocannoniere vanti soltanto 5 gol (come Crespo prima di passare al Parma) e si chiami Mesto, incalzato da Marco Rossi e Sculli con 4 (come Floccari prima di passare alla Lazio). In questo Genoa che ha perso per mesi Jankovic Kharja Palladino Juric e Criscito segnano un po' tutti a turno in casa (32 gol in 14 gare) ma fuori - contagocce al piede - lo fanno in pochi (12 gol in 13 trasferte effettuate).
L'impavida incursione nella tana dell'Orco nerazzurro ha però dimostrato che l'organizzazione difensiva (grande Bocchetti centrale con Sokratis e Moretti ai lati, più Rossi e Criscito al largo) ormai può reggere alla grande (col Bologna fu - spero irripetibile - harakiri) pure in assenza del fondamentale Dainelli. Quanto alla fase offensiva, i vari Acquafresca Suazo Palacio e Mesto avevano fatto capire proprio contro il Bologna di non voler sparare a salve.
Francamente occorrerebbe che almeno uno dei tre fosse in grado di portare aiuto decisivo, là davanti, nello sprint delle ultime 7-8 giornate di campionato.
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