da Roma
Giù le mani dalla Legge Biagi. Al tavolo di lunedì prossimo Confindustria non accetterà che si rimettano in discussione flessibilità del lavoro e norme sui contratti a termine per compiacere la sinistra radicale delusa dalla riforma delle pensioni.
Per salvarsi in calcio dangolo ieri pomeriggio il premier Prodi e il ministro del Lavoro Damiano hanno incontrato a Palazzo Chigi il numero uno di Viale dellAstronomia, Luca Cordero di Montezemolo, e il direttore generale Maurizio Beretta. Ma, dopo che si era trattato solo con Cgil, Cisl e Uil, i rappresentanti imprenditoriali non potevano far finta di niente. Hanno ascoltato lesposizione del progetto di riforma e hanno fatto presente che Confindustria vigilerà affinché tutto non si trasformi in oneri aggiuntivi per le aziende.
Come ha sottolineato il vicepresidente dellassociazione, Alberto Bombassei, «consideriamo grave il fatto che su una questione così importante non sia stato coinvolto il mondo delle imprese» e «una valutazione sarà possibile quando si conosceranno in dettaglio i contenuti». Ma il punto centrale è che gli imprenditori vogliono essere rappresentati nelle commissioni che dovranno «definire aspetti di rilievo» a partire dai lavori usuranti e che «i temi determinanti sono legati a crescita, produttività e flessibilità».
Da lunedì quindi si dovrà discutere di detassazione degli straordinari (costi stimati in 160-170 milioni di euro), contrattazione di secondo livello e di conferma della legge Biagi. Anche per questo motivo Confindustria ha scelto la linea attendista: il vero problema non sono le pensioni, ma la flessibilità e la decontribuzione (in questo senso sono stati apprezzati i 150 milioni per la detassazione del premio di risultato).
«La preoccupazione è che si tenderà ancora a fare cassa gravando sui contribuenti, imprese in primis», ha sottolineato il presidente di Confapi, Paolo Galassi, che ha denunciato anche i limiti della concertazione ristretta. «Le aziende italiane sono stanche di pagare senza essere adeguatamente interpellate», ha aggiunto. Più che il poco fairplay ciò che preoccupa un aggravio del carico fiscale. Come ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, si tratta di «costi certi rilevanti ma coperture tutte da verificare per una questione che non è il problema prioritario».
Ed è per questo motivo che, in una nota congiunta con Confartigianato, Confesercenti, Cna e Casartigiani, la Confcommercio ha bocciato un accordo ritenuto «dannoso» e «pasticciato» perché «incide negativamente sulla tenuta del sistema previdenziale e introduce elementi di iniquità, comportando comunque oneri aggiuntivi per le imprese». Non meno tenero è stato il presidente di Confcooperative, Luigi Marino.
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