Ma non confondiamo la perversione di chi abusa con l’omosessualità

L’equazione tra omosessualità e pedofilia è fuorviante quanto antica. È ovvio che si tratta di entità tra di loro radicalmente diverse e non semplicisticamente sovrapponibili. La stragrande maggioranza degli omosessuali non è ovviamente affetta da pedofilia (che è una parafilia, cioè una perversione per distorsione del desiderio). Basta d’altra parte analizzare l’orrore della prostituzione minorile in tutte le latitudini povere del mondo per trovare pedofili omo, etero e bisessuali. È un equivoco antico probabilmente legato all’antica tradizione greco-romana della paideia legata alla pederastia. Cioè l’iniziazione filosofico-estetico-politico-civile del giovinetto da parte di un attempato maestro, che avrebbe dovuto introdurlo ai doveri e ai piaceri della polis. Basta leggere il Simposio di Platone per capire a che cosa ci si riferisce quando eufemisticamente veniva utilizzata la dizione un po’ proude «amor socratico» per riferirsi a tutto ciò. Michel Foucault nel suo memorabile «Uso dei piaceri», una delle ultime opere più interessanti, ne esamina molti chiaroscuri e sfaccettature complesse.
Al di là di questi estetismi, la tragedia della pedofilia esige qualche chiarimento. In primo luogo le pedofilie non sono tutte uguali. Vi sono per esempio pedofili differenziati e indifferenziati. Cioè soggetti che possono avere rapporti con bambini o adolescenti del proprio sesso o di entrambi i sessi. Le statistiche diagnostiche internazionali ci dicono che sono entrambi purtroppo ben rappresentati, e che l’incidenza delle recidive è più elevata in soggetti che tendono ad avere rapporti con bambini o adolescenti del loro stesso sesso. A quest’altro dato si riferisce forse una delle concause dell’equivoco che sovrappone meccanicamente e ingiustificatamente omosessualità e pedofilia. Ma c’è un’altra distinzione forse ancora più predittiva, e quindi interessante ai fini della prevenzione. Un elemento ricorrente nella psicopatologia del pedofilo è di essere stato, nella stragrande maggioranza dei casi, un bambino abusato. Dovrebbero ricordarselo coloro che banalmente propongono, che so, la pena di morte o la castrazione per questo orrendo crimine. Se riuscissimo a vedere in questi malati il ricordo dell’antico abuso, forse la nostra misericordia, se non ragione, sarebbe più alta e umana.
Così come ci sono pedofili differenziati o indifferenziati, ci sono pedofili diciamo così, di tipo 1, che riescono ad avere cioè rapporti sessuali solo con bambini e adolescenti, e pedofili di tipo 2 che possono avere cioè indistintamente rapporti con adulti o con bambini e adolescenti. I primi sono clinicamente più gravi, perché tendono a recidivare di più i loro comportamenti. Si trovano infatti in una condizione che rappresenta una menomazione, per impossibilità ad avere rapporti con adulti e coetanei consenzienti, considerati troppo ansiogeni e impegnativi. I soggetti però più pericolosi come «sexual offenders», cioè abusatori indistinti e violenti, sono quelli di tipo misto, in particolare con comportamenti di tipo bisessuale. È il fruitore tipico del turismo sessuale, ha solitamente un’attività erotica molto intensa e molto promiscua, sia di natura omosessuale, che bisessuale, che esclusivamente eterosessuale. I soggetti più promiscui, più attivi e frequentemente anche più rappresentati tra i «sexual offenders», parrebbero essere proprio i bisessuali.
Se ben si pensa, in questo caso come in altri, la letteratura anticipa e chiarisce più e meglio degli aridi numeri della statistica. Che altro è il pervertito Dolmancé della «Filosofia nel boudoir» del Marchese de Sade, sadico iniziatore della leggiadra Eugénie, filosofo libertino e implacabile sodomizzatore di bambini e sodomizzato da giovanotti, se non il ritratto letterario di questo soggetto? Così come tutti gli abusatori e abusati delle disavventure di Justine e delle sue perdute virtù. Credo che il mondo gay avverta con particolare sofferenza l’accostamento con la perversione pedofila, proprio per questa ragione, legata a un’assunzione d’identità sessuale sofferta e tesa alla chiarificazione. Mentre la pedofilia alligna soprattutto dove c’è una gioiosa e promiscua indistinzione nell’oggetto del desiderio, che è prodotta e produce caos e disorganizzazione dell’identità. Fino alla violenza o all’alimentazione tragica dell’acquisto e vendita di corpi infantili, della pedopornografia, dell’uso concomitante di sostanze psicostimolanti o afrodisiache e in generale di un uso erotomaniaco del corpo e della sessualità.
I principali pedofili non vanno quindi cercati tra i celibi casti, che hanno invece per lo più una bassissima tendenza alla promiscuità e all’erotizzazione, che l’inattività sessuale tende a inibire. Né tra chi vive l’omosessualità in modo riflessivo, multiproblematico e autocosciente. E neppure tra eterosessuali con tendenza alla formazione di legami sentimentali stabili, strutturati ed emozionalmente maturi. Capaci cioè di vivere il rapporto sessuale come relazione tra persone non disgiunta dall’amore, o perlomeno dal coinvolgimento di motivazioni comunicative profonde.

Bensì in questo magmatico abisso di vissuti, spesso anche dissociati, ambivalenti e inconfessabili, e talvolta preconsci, che sono alla base della scissione che caratterizza tutte le perversioni (bisessuali e non), anche quella che spinge a usare come un oggetto e quindi abusare di un corpo infantile, maschile o femminile che sia.

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