«Non ho ucciso i miei genitori Lavoro per la Cia»

Ora delira di vendette di mafia, di servizi segreti americani di cui sarebbe stato al soldo pasquale De Marco, il trentratreenne arrestato con l’accusa di aver massacrato i genitori nella loro villetta di Simeri (Catanzaro). E nega di essere lui l’assassino. Ammette solo di aver lavato le macchie di sangue in casa. Al momento, su di lui gravano due indizi di colpevolezza: le impronte sul fucile subacqueo con cui avrebbe ucciso madre e padre e uno scontrino relativo a teli di plastica, probabilmente usati per avvolgere i corpi. De Marco, nel lungo interrogatorio, ha sostenuto che ad ordinare l’omicidio sia stata la mafia «per vendicarsi del fatto che io per conto della Cia, della quale sono un agente, stavo svolgendo un’indagine sulla criminalità organizzata calabrese». Poi ha chiesto carta e penna e ha scritto una lettera in inglese che ha pregato il magistrato di fare recapitare alla Cia perché spieghi agli investigatori italiani quale fossero i suoi compiti.

Nei mesi scorsi Pasquale De Marco era stato ricoverato in una casa di cura per malattie mentali di Roma e sottoposto a trattamento farmacologico. Stando al racconto di alcuni familiari, una decina di giorni fa, sarebbe arrivato a minacciare i genitori per telefono: «Se non mi date tutti i soldi, vi taglio la testa».

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