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Non passa la sfiducia al ministro Bondi Fallisce l'assalto, nuovo ko per l'opposizione

Con 314 no e solo 292 sì, bocciate le mozioni contro il ministro dei Beni culturali. Bondi: "Il Pd e i partiti ispirati da Fini e da Casini trarranno qualche insegnamento dalla sonora sconfitta di oggi? Temo di no". Franceschini ironizza: "La maggioranza è inchiodata a quota 314". Sfiorata la rissa in aula durante le votazioni

Non passa la sfiducia al ministro Bondi  
Fallisce l'assalto, nuovo ko per l'opposizione

Roma - La Camera dei deputati ha respinto le mozioni di sfiducia per il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, con 314 no, mentre i sì sono stati soltanto 292 e 2 gli astenuti. I presenti al voto erano 608, i votanti 606 la maggioranza richiesta 304.

Bondi: Pd, Fini e Casini impareranno qualcosa? "Il Pd e i partiti ispirati da Fini e da Casini - commenta a caldo il ministro - trarranno qualche insegnamento anche dalla sonora sconfitta di oggi? Una sana idea della politica e una realistica considerazione degli interessi del Paese lo suggerirebbero. Temo, tuttavia, che questo non avverrà, soprattutto perché i leader di queste forze politiche sono persone politicamente e umanamente assai modeste. Non sono portatori di nessuna grande idea e di nessun serio progetto politico. Sopravvivono da decenni nel grigiore della politica politicante e si distinguono unicamente per la loro capacità manovriera, per la loro indifferenza ai problemi del Paese e per il cinismo ributtante della loro politica".

Franceschini: sono inchiodati a quota 314  "Sono fermi a 314". Dario Franceschini, capogruppo Pd, commenta il voto dell’aula sulla mozione di sfiducia al ministro Sandro Bondi e afferma che «nonostante due mesi di azione di allargamento della maggioranza, sono comunque inchiodati ai numeri del 14 dicembre. Per il resto ci sono le assenze che sapevamo, anzi, Arturo Parisi è venuto a votare nonostante la febbre alta e i consigli del medico". "L’esito si sapeva - prosegue Franceschini - del resto hanno insistito perchè si votasse nella settimana più conveniente alla maggioranza".

Casini: sfiducia respinta? Non è grave "Non è una grande questione". Così il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, ha commentato, ai microfoni del Tg3 la bocciatura della mozione di sfiducia. "Se avessimo condiviso l’operato di Bondi avremmo votato contro la sfiducia, non lo abbiamo condiviso quindi abbiamo votato a favore. È un atto di chiarezza: noi riteniamo che Bondi non abbia fatto bene, quindi gli abbiamo votato contro. Non è una grande questione - ha concluso - tra l’altro molti dei nostri erano a Strasburgo per il Consiglio d’Europa. E poi la maggioranza in parlamento c’era il 14 dicembre e c’è anche oggi. Noi quando condividiamo una cosa, come il decreto rifiuti, la votiamo, altrimenti no".

Gelmini: suicidio politico della sinistra "Si consuma oggi alla Camera - commenta il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini - l’ennesimo suicidio politico dell’opposizione. Dopo la tentata sfiducia del 14 dicembre e il voto contro il ministro Calderoli, la sinistra, incapace di proporre al Paese iniziative politiche degne di questo nome, si scontra nuovamente, oltre che con la dura realtà della politica, anche con quella dei numeri poiché dimostra ancora una volta di essere minoranza". "Proseguendo con questo atteggiamento distruttivo", continua Gelmini, "la sinistra conferma di non avere nessuna vera proposta nè una visione della società italiana. Dall’opposizione continua a non arrivare alcuna idea per costruire un’alternativa ma solo una serie di imboscate parlamentari, tutte puntualmente fallite, nel nome dell’antiberlusconismo".

Tensioni in aula: sfiorata la rissa Nervosismo alle stelle in aula, durante la votazione sulle mozioni di sfiducia. Il finiano Fabio Granata si attardava prima di votare. E alcuni parlamentari leghisti lo hanno sollecitato. Una volta ultimate le operazioni di voto, Granata ha mandato platealmente a quel paese gli esponenti del Carroccio, mentre rientrava tra i banchi dell’emiciclo. Tra Granata e il parlamentare della Lega Stefano Allasia volano parole grosse e si sfiora il contatto fisico, scongiurato dall’intervento degli assistenti parlamentari d’aula e di altri deputati, tra i quali il collega di partito di Granata, Nino Lo Presti, più volte richiamato dalla presidenza. Erminio Quartiani del Pd ha chiesto alla presidenza che il collegio dei questori visioni i filmati di quanto è avvenuto "per eventuali conseguenti decisioni". Il vicepresidente Maurizio Lupi ha difeso la sua scelta di non sospendere la seduta. "Siamo tra persone responsabili, ci si è scusati, l’importante -ha detto- è che la votazione si è svolta regolarmente".

Grave imbarbarimento "Questa mozione di sfiducia individuale, dimostra la forma di imbarbarimento della politica italiana". Nel suo discorso in aula, prima del voto, il ministro non si è certo tirato indietro, ma ha deciso di rispondere di persona - a nome di tutto il governo - alla mozione di sfiducia nei suoi confronti. "Volete tentare di dare l’ennesima spallata al governo, in questa ansia che vi divora le persone per voi non hanno nessuna importanza. Questo cinismo della politica è miope".

Assunzione di responsabilità Bondi ha ricordato che "è la prima volta che una mozione di sfiducia individuale riguarda responsabilità politiche e collegiali". Rivolgendosi direttamente alle opposizioni, il ministro ha tenuto a sottolineare di "non aver mai scaricato le responsabilità di ciò che è avvenuto sul ministro Tremonti", ma si è impegnato "non solo a chiedere più fondi per la cultura", ma a fare anche le riforme. "Parola assente dal vostro vocabolario - ha puntualizzato il ministro - voi pensate che i problemi si risolvano con più soldi dallo Stato. Io credo che servano invece le riforme". Bondi si è, quindi, augurato che "il dibattito possa essere utile per parlare finalmente del ruolo della cultura per lo sviluppo economico e civile". Bondi ha ammesso di non aver ancora capito le ragioni: "Perché chiedete le mie dimissioni?". "Da quello che ho capito la mia colpa sarebbe quella di essere stato remissivo se non accondiscendente rispetto ai tagli del ministro Tremonti. - ha provato a spiegare il ministro - è la prima volta che una mozione di sfiducia individuale riguarda non responsabilità individuali ma politiche e collegiali. E sia chiaro: io non ho mai scaricato su altri le mie responsabilità e tanto meno su Tremonti".

Una prassi umiliante Bondi ha denunciato l'opposizione tutta. "Con la mozione di sfiducia contro il ministro dei Beni culturali - ha tuonato davanti alla sinistra presente in Aula - è stata introdotta una prassi nuova nella politica del paese". "D’ora in avanti in luogo del confronto democratico e politico - ha paventato Bondi - si potranno presentare mozioni di sfiducia individuali per attaccare e umiliare gli avversari politici". Dal ministro non è mancato anche un attacco al terzo polo che, a suo parere, è responsabile di "aver introdotto una variante". "Se accetti le nostre proposte - ha spiegato Bondi - allora ritiriamo la mozione; altrimenti pollice verso".

Il caso Pompei Il ministro ai Beni culturali ha fatto poi quattro conti in tasca ai musei. E soprattutto a quello che uno dei più stupefacenti musei a cielo aperto: Pompei. "E' verissimo che l’Italia spende meno degli altri paesi europei, e questo è uno scandalo - ha ammesso Bondi - ma è colpa mia se l’Italia investe di meno nella cultura? È colpa del governo? No, è una responsabilità delle classi dirigenti del paese che hanno sottovalutato il ruolo che la cultura può avere". Ma, secondo il ministro, "è altrettanto vero che spendiamo male. E addirittura non siamo in grado di spendere le risorse che abbiamo". "Dal 2002 ad oggi c’erano nelle casse di Pompei circa 50 milioni di euro da poter spendere. I soli biglietti rendono 22 milioni di euro - ha continuato Bondi - ma vi rendete conto di cosa si potrebbe fare con questi soldi?".

Tutte le spese dei ministri rossi "Sapete chi ha dato il colpo mortale al finanziamento della cultura in questi ultimi anni?". Il ministro ha voluto mettere tutti i pintini sulle "i" senza tralasciare alcunché. "Siete stati voi della sinistra", ha risposto pur giustificando che "molti di voi non lo sanno". "Nel 2007 la legge finanziaria per il 2008, presidente del Consiglio Romano Prodi, ha stabilito che i proventi dei biglietti di ingresso ai musei e alle aree archeologiche fossero assegnate al Tesoro per poi essere riassegnate alla cultura ma nella misura massima del 50 per cento. Questo in termini di tagli ha significato meno 150 milioni di euro".

E ha chiesto: "Dov’era allora l’onorevole Rutelli?".

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