«Non si è tolta la vita». Sospetti sul convivente

C’è molto di più di qualche semplice sospetto o della reazione emotiva di un gruppo di persone che non accettano l’idea del suicidio dietro la morte di Maria Consuela Chacon. L’infermiera peruviana 39enne che lavorava al reparto di ortopedia dell’ospedale Sacco e che è morta precipitando dalla finestra del bagno di casa, un appartamento al settimo piano di piazza Cardinal Gasparri, lo scorso 14 dicembre, non ssi sarebbe tolta la vita da sol. E, a giorni, saranno i risultati dell’autopsia a rivelare se quel cadavere - martoriato di lividi che sicuramente sono stati procurati prima del volo nel vuoto, è il risultato della gelosia del compagno della donna, suo coetaneo e connazionale, nonchè collega di lavoro. Che l’uomo - un operatore socio sanitario che lavorava fianco a fianco della vittima e conviveva con lei - sia ormai molto di più di un sospetto lo conferma anche la Procura. Che ha aperto un fascicolo contro il sudamericano e adesso si appresterebbe ad accusarlo di omicidio volontario.
Sono stati i colleghi della donna e i medici dell’ospedale Sacco - mobilitatisi spontaneamente per recarsi al commissariato di Quarto Oggiaro - a mettere la pulce nell’orecchio degli investigatori per un caso che, inizialmente, era stato archiviato come semplice suicidio.

A parer loro, infatti, era impossibile che Maria Consuela si fosse tolta la vita. Mentre il suo compagno - ormai così geloso da far meditare alla donna la separazione - aveva accusato (ingiustamente) persino un medico d’intrattenere una relazione con lei.

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