«Non solo corna. Per paura della coca mamme e papà ci fanno spiare i figli»

La detective Miriam Tomponzi: «I casi più frequenti? Tradimenti affettivi o industriali e genitori in ansia»

«Niente intercettazioni telefoniche. Ma nemmeno cimici. Le microspie sono assolutamente fuori legge per noi detective privati». Altro che fumetti. Altro che avveniristiche apparecchiature da film. Sono ben pochi gli strumenti in mano agli 007 civili, per carpire i segreti delle persone. Lo dice Miriam Ponzi, figlia del celebre Tom, iniziatore di una lunga tradizione risalente alla Milano degli anni Quaranta, lei stessa per 30 anni al fianco del padre e ora titolare dell'attività. Nella bufera delle registrazioni illegali, che ha coinvolto più di una agenzia di detective, Miriam, che ora di cognome fa Tomponzi (un cambio all'anagrafe voluto proprio per conservare intatto il nome del genitore) spiega ciò che nel settore è lecito. «Si possono usare le immagini, foto o film. Ma niente audio».
Micro-obiettivi piazzati sulla cravatta, o su un flacone di profumo?
«Beh, oggi magari li si mette altrove, cambiano gli indumenti. Ma per arrivare al fatidico “clic” la strada è lunga. Appostamenti, pedinamenti. Soprattutto orecchie tese e occhi svegli, per sapere cosa e chi seguire. Ci avvaliamo anche di persone che sanno leggere il labiale. Così lavorano i detective, ieri come oggi».
Anche nell'era della tecnologia?
«La tecnologia ci serve per bonificare i telefoni, per individuare eventuali microspie in una linea telefonica, cioè il contrario dell'intercettazione. Oppure, per verificare se una registrazione è contraffatta, se un audio è tagliato e ricucito ad hoc, con un software che siamo i primi a importare in Italia. Ma lo spionaggio, quello no. Anche perché le prove che produciamo, devono valere in tribunale, ed è indispensabile che siano legali».
Ma i clienti credono alle conversazioni riportate da voi?
«Certo, perché non ci sono solo frasi riportate, ma un quadro di dettagli tramite cui la conversazione diventa inconfutabile. A volte non è nemmeno indispensabile la foto. Bastano le testimonianze incrociate di due investigatori, che descrivono certi dettagli: cosa una persona indossava, cosa aveva in mano, cosa ha portato a casa. Usiamo questa strategia soprattutto nei casi di ragazzi sospettati dai genitori di assumere droghe. Ed emergono prove facilmente verificabili».
Alla fine si tratta di vicende umane...
«Sì, dobbiamo usare molta psicologia per tutelare i clienti dalle loro stesse reazioni di fronte alla verità. I casi più frequenti sono sempre quelli: tradimento affettivo o aziendale, genitori preoccupati. Ognuno con la sua storia».
Torniamo alla tecnica: è legale pedinare?
«Siamo in un’area border line. Il pedinamento potrebbe diventare molestia. La regola d'oro è non farsi notare dal pedinato cambiando persone, mezzi, auto. A volte usiamo famiglie, in roulotte».
Vi capita di entrare in un taxi e dire: «Segua quella macchina»?
«Sì, è capitato in qualche aeroporto. Ma in genere ci organizziamo. Il pedinamento è un'arte complicata, acrobatica, un lavoro di squadra. Tutti i nostri collaboratori sono dotati di una patente per la guida veloce, e siamo sempre in cerca di persone motivate. Anzi, invito chi ne abbia voglia a contattarci alla Tom Ponzi: il nostro numero verde è semplice, finisce con “007”: un vezzo che ci siamo concessi».
La Tom Ponzi si è espansa a Roma e all'estero, ma Milano resta la città di suo padre e la sua città. Com'è agli occhi di una detective?
«È una città molto affascinante, proprio perché misteriosa, da scoprire pian piano, quasi il luogo naturale di un'agenzia di investigazioni».
Il quartier generale è in Stazione Centrale.

Scelto a caso?
«Sono molto affezionata a questo luogo fin da piccola, qui avvengono molte cose, c'è un gran via vai, tanti pezzetti di intimità, un po’ l’immagine di quello di cui mi occupo ogni giorno. E poi l'idea del viaggio, il brusio continuo, la velocità da una parte, dall'altra la lentezza dei personaggi che ci vivono, come i barboni ad esempio. E non è escluso che uno di loro sia un agente della Tom Ponzi».

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