«Non torno, Mugabe complotta per uccidermi»

da Harare

Era previsto ieri il rientro nello Zimbabwe del leader dell’ opposizione, Morgan Tsvangirai, 56 anni, assente dal Paese dall’otto aprile. Doveva dare il via alla campagna per il ballottaggio per le presidenziali, infine indetto - dopo ritardi molto sospetti, tra mille polemiche e violenze estese - per il 27 giugno. Ma a poche ore dall’arrivo, il portavoce del suo partito, il Movimento per il cambiamento democratico (Mdc), ha dichiarato: «Non arriva, lo hanno trattenuto cause di forza maggiore». Precisate poco dopo: «Da informazioni attendibili - ha detto lo stesso portavoce - abbiamo appreso che era pronto un piano per uccidere Tsvangirai, che tornerà appena ne saranno garantite condizioni di sicurezza».
Per la polizia, le dichiarazioni dell’Mdc «vogliono creare un clima di paura ingiustificato. Se Tsvangirai ha subito minacce, che le denunci». Il leader dell’opposizione, peraltro, secondo alcune fonti potrebbe riapparire non annunciato (ma in qualche modo atteso) oggi a Bulawayo - la seconda città del Paese, che fu la prima capitale dell’allora Rhodesia - dove è prevista una grande manifestazione del suo movimento. La città è abbastanza vicina al confine col Botswana, e non lontana da quello sudafricano.
Tsvangirai potrebbe arrivarci anche in auto, magari sotto scorta della Sadc - l’organismo che raggruppa i 14 Paesi dell’Africa subsahariana - a cui l’Mdc ha chiesto di garantire la sicurezza del suo leader. Sarebbe un rientro di grande effetto popolare e mediatico.
Intanto ci si appresta alla battaglia politica finale. Si è votato il 27 marzo, c’è voluto molto tempo per stabilire che l’Mdc si era imposto in Parlamento, mettendo per la prima volta il partito al potere in minoranza. E addirittura si è dovuti giungere al due maggio perché fosse ufficialmente dichiarato che nelle presidenziali a Tsvangirai era andato il 47,9 dei suffragi e a Robert Mugabe, 84 anni, padre padrone del Paese, al potere dall’indipendenza, il 43,2: dati comunque contestati dall’opposizione, che afferma che il suo leader aveva superato il 50 per cento al primo turno.
Lo stesso Mugabe, peraltro, ha ammesso venerdì che i risultati erano stati «disastrosi», aggiungendo però che non intendeva cedere il potere a un «lacchè dell’imperialismo internazionale».

E sempre venerdì, tra mille dubbi e polemiche, la decisione: il ballottaggio si terrà il 27 giugno, ma il governo ha oggi ribadito che non accetterà sempre la presenza di osservatori internazionali, solo quelli regionali saranno ammessi. Tsvangirai, alla fine, ha accettato: si sente sicuro di vincere, salvo un sempre possibile golpe militare, anche se ormai l’ipotesi appare difficile: sarebbe un suicidio politico.

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