Non trasloca il processo al premier

Roma Sulle riforme della giustizia il Pdl sa di camminare sempre su un campo minato. Soprattutto se si parla di separazione delle carriere, di nuovo Csm e di nuovo processo penale, mentre le toghe sono in agitazione in tutt’Italia. Infatti, appena filtra qualche notizia, più o meno vera, sui provvedimenti in cantiere subito scoppiano le polemiche.
È successo anche stavolta, alcuni giornali hanno sparato l’indiscrezione che è in arrivo un mini «lodo-Ghedini», per spostare al tribunale di Roma la competenza per tutti i processi che investono le alte cariche. Il Guardasigilli Angelino Alfano ha subito smentito, parlando di illazioni e di gusto per le polemiche inutili. «Nulla di concreto», ha confermato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti. Mentre il Pd Felice Casson avvertiva: «Per noi Roma è sempre stato il “porto delle nebbie”, dall’epoca di piazza Fontana in poi». E Stefano Ceccanti aggiungeva che spostare a Roma la competenza violerebbe il principio costituzionale del «giudice naturale».
Bonaiuti comunque ha spiegato: «Il presidente Berlusconi ha detto, con grande tranquillità, di essere pronto ad affrontare i processi che lo vedranno impegnato, anche se questo gli porterà via del tempo dall’attività di governo».
Il premier intende, dunque, difendersi anche personalmente, seguendo le sue udienze seduta per seduta. Riconoscendo questo diritto la stessa Corte Costituzionale, quando ha bocciato il lodo Alfano, ha ricordato che chi ha impegni istituzionali può invocare il «legittimo impedimento». Si era anche parlato di una norma che rendesse obbligatorio per il giudice concordare il calendario delle udienze con l’imputato, in modo da evitare inutili rinvii. Ma per ora, nulla è stato ancora fatto.
Ignazio La Russa ha lanciato un’altra proposta «che prescinde dal caso Berlusconi»: quella di far giudicare i politici per qualsiasi reato da una Corte d’assise come quelle per i reati più gravi, composta da togati e cittadini comuni. Il ministro della Difesa ha chiesto provocatoriamente al neosegretario del Pd se sarebbe disponibile a fare insieme, maggioranza e opposizione un nuovo lodo Alfano con legge costituzionale, come indicato dalla Corte costituzionale. «La Consulta, in realtà - ha risposto Pierluigi Bersani -, ha chiesto qualcosa di più complesso: il rispetto di tutti i cittadini di fronte alla legge. A questo principio siamo affezionati».
La maggioranza, però, non sembra aver abbandonato l’idea. «In un Paese dove dal 1994 viene colpito sistematicamente attraverso un uso politico della giustizia il presidente del Consiglio - ha detto Fabrizio Cicchitto del Pdl -, è naturale concepire uno “scudo” per le più alte cariche dello Stato».
Si è molto discusso anche di un eventuale provvedimento per tagliare di un quarto i termini di prescrizione per i procedimenti pendenti per reati lievi commessi prima del 2 maggio 2006 (data dell’indulto) e con pena massima fino a 10 anni. Ma il cammino sembra difficile, per la decisa opposizione dei finiani.
La Consulta per la Giustizia del Pdl lavora inoltre all’introduzione di un termine massimo di 6 anni per la sentenza definitiva del processo penale, oltre il quale scatterebbe la prescrizione. E riguarderebbe anche i procedimenti in corso. C’è poi l’ipotesi di allungare l’età pensionabile dei magistrati a 78 anni, anche se Cassazione, Avvocatura dello Stato, Anm e avvocatura si sono già detti contrari. Intanto, in Senato, potrebbe subire un’accelerazione la nuova legge sulle intercettazioni. Se verrà approvata in tempi stretti la riforma dell’avvocatura, si potrebbe arrivare ad un sì prima di Natale.
Per superare le resistenze dell’opposizione e anche obiezioni interne alla maggioranza il testo verrebbe ammorbidito.

Tra le modifiche ci sarebbe quella di sostituire l’espressione «gravi indizi di colpevolezza», con «sufficienti indizi di colpevolezza», per quanto riguarda i requisiti necessari per ottenere l’autorizzazione ad intercettare.

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