Northern Rock, i soci sul piede di guerra

da Milano

Promossa da Standard & Poor’s, che si è subito affrettata a elevare il giudizio da A- ad A, difesa a spada tratta dal premier Gordon Brown, la nazionalizzazione di Northern Rock è ora nel mirino degli azionisti, grandi e piccoli, dell’istituto di Newcastle, preoccupati da un eventuale rimborso a prezzi di «saldo» delle loro azioni.
Attorno alla banca, dall’estate scorsa nella bufera a causa di una crisi di liquidità generata dal disastro subprime, e quindi salvata dal governo con un prestito d’emergenza da 25 miliardi di sterline, si sta scatenando un vero e proprio caso politico. I conservatori hanno chiesto la testa del cancelliere, Alistair Darling, responsabile di aver fatto patire al Regno «l’ennesima umiliazione». Era dai tempi della Rolls Royce, finita sotto l’ala dello Stato nel 1971, che l’isola non adottava un provvedimento di nazionalizzazione, per il quale si è resa necessaria la stesura di un disegno di legge ad hoc, presentato ieri in Parlamento. Dopo aver giudicato «rischiose per i contribuenti» le proposte di Virgin e dei manager della stessa Northern, per Downing street la strada era obbligata: «L’obiettivo della nuova legislazione - si legge nella bozza di legge - è quello di mantenere la stabilità del sistema finanziario britannico in circostanze in cui il Tesoro ritiene che ci sia una seria minaccia alla sua stabilità». «Abbiamo fatto la cosa giusta, al momento giusto e per una giusta ragione - ha spiegato Brown -. Il caso Northern Rock non ha contagiato il resto dell’economia».
Al di là delle polemiche, di sicuro la mossa del governo apre non pochi interrogativi. Nessuno, al momento, è in grado di stabilire, anche con un certo grado di approssimazione, quale sarà la durata della nazionalizzazione. «Non possiamo stabilire un’agenda, poiché il primo passo dovrà essere un miglioramento delle condizioni del mercato del credito», ha detto il primo ministro».
Il secondo problema è legato alla natura temporanea del prestito erogato a Northern Rock. L’autorizzazione di Bruxelles prevede la restituzione della somma al massimo in sei mesi, dunque entro il prossimo 17 marzo. Una dead line da fantascienza. «Ci vorranno anni per restituire il prestito», ha chiarito il nuovo numero uno della banca, Ron Sandler. Londra dovrà quindi forzatamente chiedere all’Ue di autorizzare l’aiuto per la ristrutturazione, e il sì di Bruxelles non è così scontato.
Ultimo nodo, le prevedibili azioni legali che i soci di Northern avvieranno per salvaguardare i propri interessi.

Sul piede di guerra sono scesi in particolare i due hedge fund Srm e Rab Capital, che controllano circa il 20% dell’istituto (ai valori di Borsa di venerdì scorso, oltre 100 milioni di euro). Il timore di tutti gli azionisti è di vedersi liquidare i titoli a prezzi ben al di sotto di quelli correnti. A pronunciarsi, dovrà essere una commissione indipendente.

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