"Il nostro museo privato è anche un luogo di cura"

La presidente della Fondazione Giovanna Forlanelli Rovati: "In questa città sempre maggiore divario tra chi ha e chi no"

"Il nostro museo privato è anche un luogo di cura"
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Sono ormai tre anni che il Museo d'Arte della Fondazione Luigi Rovati ha aperto le sue porte in corso Venezia, davanti ai Giardini Montanelli: qui antichità etrusche e arte contemporanea convivono in maniera visionaria, grazie all'intuizione di Giovanna Forlanelli Rovati, presidente della Fondazione, gran Signora dell'Arte, collezionista competente e appassionata, editrice di Johan&Levi, donna con una alta formazione medico-scientifica e solida esperienza nella direzione aziendale. La Fondazione, già premiata con il Compasso d'oro per la qualità degli allestimenti delle mostre, è diventata con il suo museo un luogo amatissimo dai milanesi: il piano ipogeo, firmato dall'archistar Mario Cucinella, ha il fascino della scoperta, quello nobile, con gli inserti di contemporaneo, è un unicum nel suo genere. Per non parlare del giardino interno, angolo di silenzio e pace su cui si affaccia il bistrot. "Siamo una realtà privata, ma crediamo nell'inclusività: in questa città il divario tra chi può permettersi certe cose, cultura inclusa, e chi non può è sempre più ampio. Per questo manteniamo con orgoglio la tradizione di una domenica gratuita al mese, che permette a un migliaio di persone per volta di godere del museo, senza pagare".

Presidente Forlanelli, tracciamo un bilancio di questo 2025: come è andata?

"Una delle cose importanti che abbiamo fatto è stata l'iscrizione come ETS (Ente del Terzo Settore, ndr) al registro nazionale. Abbiamo anche presentato a giugno il nostro primo bilancio sociale e devo dire che ero impressionata: abbiamo realizzato 16 mostre da quando abbiamo aperto!".

Le scelte di cui è più fiera?

"Quella di aver puntato su un team giovane: circa l'80% dei ragazzi che abbiamo assunto nei vari ambiti era alla prima esperienza lavorativa. L'idea è quella di far crescere dei talenti, che magari poi faranno carriera altrove. È giusto così".

Ripensando invece alle mostre realizzate?

"È stata molto significativa la collaborazione con il Mart di Rovereto per la nostra prima mostra con un grande museo pubblico (per Etruschi del Novecento, fino al 3 agosto, ndr). Posso peraltro anticipare che nel 2026 ci sarà una nuova collaborazione con un altro grande museo".

Pubblico e privato non sono dunque incompatibili.

"Affatto. Realtà private come la nostra sono più snelle: abbiamo una libertà di scelta economica, finanziaria ma soprattutto decisionale che i musei pubblici non hanno. Avverto comunque la responsabilità che questo comporta".

In che cosa in particolare?

"Dobbiamo mantenere la reputazione che ci siamo conquistati anche all'estero: il New York Times, il China Post, Le Monde ci hanno definito un'eccellenza italiana. Procedendo con lei in un primo bilancio di questi primi tre anni, posso dire che due sfide le abbiamo già vinte".

Quali?

"Abbiamo attratto un pubblico internazionale: il 20-25% dei nostri visitatori è straniero. Siamo poi partiti con un pubblico prevalentemente agée che, nell'ultimo anno, si è ringiovanito: oggi abbiamo un 40% di visitatori tra i 20 e i 40 anni, anche grazie al ciclo di mostre legate alla musica".

Avete lavorato anche sull'inclusività.

"Il progetto Museo Gentile propone attività dedicate a soggetti fragili in diversi ambiti e siamo stati il primo museo dementia friendly di Milano, pronto ad accogliere chi è affetto da questa malattia. Per noi il museo è un laboratorio di sperimentazione continua, anche un luogo di cura e di benessere".

Progetti olimpici in vista?

"Se mi chiede se avremo una mostra speciale

per il periodo delle Olimpiadi invernali posso dire che apriremo già a novembre un progetto ambizioso, con un prestito significativo, sulla storia delle Olimpiadi. Per ora non aggiungo altro, ma sarà una grande sorpresa".

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