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"Le notti passate a giocare a carte e quel debito da quattro milioni"

"L'atmosfera era divertente e scatenata, ma con stile: tra gli ospiti c'erano spesso Gianni e Umberto Agnelli"

"Le notti passate a giocare a carte e quel debito da quattro milioni"

Ascoltarlo è un piacere. Quando canta, si sa, Peppino Di Capri ha un repertorio come pochi. E, quando parla, ha il garbo senza tempo che rende fascinoso ogni racconto. Ottantatrè anni e non farli sentire. «La Bussola? Che tempi quei tempi».

La sua prima volta?

«Nel 1960. Però l'anno prima avevo partecipato al tour Bussola On Stage in giro per l'Italia con Romano Mussolini, Chet Baker e altri. Ma nel 1960 mi sono esibito proprio alla Bussola con la mia band. Stavamo lì per un mese, suonando tutta la sera anche se poi a una certa ora arrivava l'attrazione principale. Quell'anno c'era Caterina Valente. Ma poi ci furono Ray Charles e altri...».

E Mina?

«Lei era in cartellone nel 1961, era già famosa, aveva cantato Tintarella di Luna e Le mille bolle blu».

Come fu il vostro incontro?

«In realtà la conoscevo già da anni, direi dal 1958. A Ischia io cantavo al Rangio Fellone, lei al Moresco che era a cento metri. Si chiamava ancora Baby Gate e andava sul palco con la sua band, I solitari. Eravamo giovanissimi. Lei era bellissima, molto simpatica e si faceva notare. Chi finiva prima, andava a prendere l'altro. Quando toccava a me, prendevo la mia Lambretta, la accendevo e partivo».

Più o meno a che ora?

«Si iniziava alle 22 circa e non si finiva prima delle 3.30 o le 4».

E poi?

«Andavamo in giro a svegliare pescatori o cuochi per fare uno spaghetto alle vongole o un piatto di pesce perché avevamo una fame pazzesca. Lei non lo può certo sapere, ma i nostri concerti avevano un ritmo frenetico, mica potevamo mangiare tra una canzone e l'altra. Appena rallentavamo un po' il ritmo, il proprietario del locale arrivava subito a dire: E allora? Forza su! Suonate, suonate così la gente balla. Quanti ricordi, che tempi».

Quindi alla Bussola vi conoscevate già.

«Eccome. Ed eravamo pure in qualche modo concorrenti. Però io alla Bussola credo di esserci andato molte più volte».

Ci fece pure il pranzo di nozze.

«Con Roberta, la mia prima moglie, mi sposai lì vicino, alla chiesa delle Focette. L'avevo conosciuta a Ischia, dove la vidi ballare con William Holden. Lei faceva l'indossatrice».

Oggi si direbbe modella.

«Mi innamorai subito e le dedicai una canzone. Sergio Bernardini ci offrì di fare il pranzo di nozze proprio alla Bussola: Ci penso io, tu pensa ai 200 invitati. Accettammo. Fu un pranzo meraviglioso con tanta gente, tutti elegantissimi. Gino Paoli arrivò in jeans, ma lui è sempre stato un tipo strano».

E poi?

«Dopo aver aperto tutti i regali di nozze, mi accorsi che mancava proprio quello di Bernardini. Pensai che, come regalo, mi avesse offerto il pranzo. E invece no».

Niente regalo?

«Anzi, il direttore della Bussola mi chiese quattro milioni e mezzo di lire di allora. Io gli dissi: Ma il regalo?. E lui rispose: Quello è già stato scalato».

Da cosa?

«Dal debito che avevo scoperto di avere».

Oddio.

«Dopo i concerti avevamo preso l'abitudine di giocare a carte. Io, Sergio, Carletto Pirovano il cuoco della Bussola che sapeva preparare piatti favolosi anche alle quattro di notte, poi Bruno Martino, Fred Bongusto e altri».

Scusi quale gioco?

«Allora si chiamava ramino pokerato. Però se vincevo io, Sergio Bernardini voleva subito la rivincita. Se vinceva lui, segnava subito. Alla fine dovetti pagare 4 milioni e mezzo per il mio pranzo di nozze, anzi no per il debito a carte».

Poi partì per il viaggio?

«Sì ma durò due giorni perché avevo già un concerto fissato al Covo di Nord Est a Santa Margherita Ligure».

C'era la Bussola e c'era il Bussolotto, una sorta di privè con musica più sofisticata.

«Un anno alla Bussola arrivò Joao Gilberto ma nessuno se lo filò. Allora Bernardini lo fece suonare al Bussolotto, dove noi andavamo ad ascoltare i grandissimi Renato Sellani, Romano Mussolini e tutti i jazzisti più famosi».

C'è una foto in cui lei alla Bussola canta in piedi sopra il pianoforte davanti a una platea di ragazzi che ballano.

«Era l'epoca di Let's twist again e Saint Tropez, erano tutti scatenati».

Scatenati ma elegantissimi.

«Erano belli puliti, il look non era certo da rockettari. Alla Bussola arrivavano persone importanti, tanto per capirci arrivavano anche Gianni e Umberto Agnelli... L'atmosfera era divertita e scatenata ma c'era un certo stile, uno stile indimenticabile ma pure irripetibile perché quell'epoca della Bussola non tornerà più.

Adesso è cambiato tutto e si riparte daccapo».

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