Novi, galoppata preventiva verso la crisi

(...) Sembra di essere nella periferia di Londra, con l'umidità che penetra nelle ossa e immense distese di verde che si fondono con l'orizzonte illuminato dal sole. All'interno del Romanengo è tutto abbandonato, c'è aria di smobilitazione, domina il silenzio. Sulle piste le uniche orme sono quelle lasciate dalle scarpe, degli zoccoli non c'è traccia. Le ringhiere delle tribune sono divelte. I lavandini dei bagni perdono i pezzi. Fusti di olio vuoti giacciono come relitti all'esterno di quel che resta del punto ristorazione. C'è qualche altalena e due scivoli, un petardo esploso ricorda i momenti di festa di un Capodanno passato. I vetri della sala corse sono impolverati, dentro si scorge a malapena una coppa. Una desolazione che rispecchia lo stato dell'ippica italiana, in crisi e con i giorni contati, come un condannato a morte che aspetta l'esecuzione senza nemmeno esprimere un ultimo desiderio. I tagli del Governo, uniti al crollo degli spettatori e degli scommettitori, rischiano di fare chiudere molti degli ippodromi sparsi sul suolo nazionale.
In realtà, a Novi Ligure, le gare legate alle scommesse sono utopia già da un pezzo. Nel 2004 l'allora ente di categoria, Unire, revocò le autorizzazioni per le corse ordinarie poiché la struttura non era in regola. Tre anni più tardi, l'Hyppo Festival, una gara in cui si poteva scommettere solo in loco, si rivelò un fallimento totale: «Venne poca gente», ricorda Garombo. Da allora fantini e allibratori non si sono più visti. Questo, però, non è il motivo che spinge Garombo a lasciare l'ippodromo con tre anni di anticipo sul contratto; i dissidi con il proprietario, Claudio Ricci, sono stati aspri fin dall'inizio, ma solo ora le tensioni hanno raggiunto il punto di non ritorno. Tra di loro la guerra non si gioca sui millimetri di un fotofinish, ma a suon di carte bollate. Dopo un esposto del proprietario, Garombo ha ricevuto un avviso di garanzia per lo smaltimento dell'amianto presente nell'area. E poi due denunce per appropriazione indebita di materiale e un'ordinanza comunale per abusivismo. Il gestore ha replicato a Ricci con una querela per violazione di domicilio. Insomma, un putiferio. È il capitolo più amaro della storia del Romanengo, inaugurato nel 1950 per volontà di quattro commendatori: Gian Battista Carena, Mariano Delle Piane, Luigi Grondona e Corrado Romanengo. «La mia idea era quella di fare un centro polifunzionale - ammette il gestore -. Il proprietario, però, mi ha sempre remato contro, non posso farci nulla». Fiere equine, gare di equitazione, qualche concerto e persino la festa della Lega Nord: negli ultimi anni i centomila metri quadrati del Romanengo sono stati utilizzati per i più svariati motivi.
All'orizzonte c'è una nuova avventura: con il cambio del calendario, infatti, Ricci diventerà anche gestore della struttura e promette cambiamenti, a partire dal nome dell'ippodromo che si trasformerà in «Famiglia Ricci».

L'impianto, assicura, non chiuderà: «Ci vorrà un mese di assestamento, ma ho molte idee, dalla scuola di equitazione al ripristino del maneggio». Per il momento, però, ci sono solo accuse e indici puntati. Di cavalli al trotto nemmeno l'ombra. A Novi Ligure galoppano solo litigi e veleni.

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