Roma - Non si chiameranno più Pacs, ma «unioni di fatto». Verrà specificato che non ci sarà nessuna «equiparazione con la famiglia fondata sul matrimonio». È la nuova proposta sui Pacs, o sugli ex Pacs, che il ministero delle Pari opportunità Barbara Pollastrini porterà al conclave di Caserta. Sarà il punto di partenza della discussione con gli altri ministri e con Romano Prodi. Una discussione, però, non semplice. Perché nonostante il lavoro di compromesso rimarranno due punti fermi.
Il primo è la non discriminazione degli omosessuali, come del resto era stato scritto nel programma dell’Unione. Questo significa che come «unioni di fatto» si intenderà anche quelle tra persone dello stesso sesso. La seconda, più delicata da un punto di vista politico, è che viene previsto un registro, custodito nei Comuni, dove le coppie di fatto si iscriveranno. Il concetto che si vuol far digerire ai cattolici del centrosinistra è che questo registro non sarà come quello matrimoniale. Faciliterà, cioè, eventuali contenziosi dei due componenti della coppia con «terzi». Ma ci si potrà anche non registrare e dimostrare a posteriori che si è conviventi.
Nella bozza del ministero delle Pari opportunità, ora «in visione» al ministero della Famiglia, si parla anche di diritti fiscali e reversibilità della pensione, anche se questi aspetti andranno discussi e «modulati» con diversi parametri, chiarisce il professore Stefano Ceccanti, capo dell’ufficio legislativo della Pollastrini.
La materia è delicatissima. Ma la strategia del compromesso parte da una considerazione di base: rispettare ciò che è scritto nel programma dell'Unione. Dove non si parlava esplicitamente di Pacs, ma di «diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte di un’unione di fatto». Su questo crinale giuridico si è scritta la bozza. Dall’entourage del ministro Rosi Bindi si fa sapere che per ora i due ministeri lavorano in accordo. Ma c’è da vedere come questa proposta supererà lo scoglio di altri colleghi.
Il nodo più difficile sembra essere quello del fatidico «registro». Le posizioni sono distanti al punto che i cattolici lo vedono come una equiparazione al matrimonio, e molti diessini al Senato l’hanno inserito in una proposta di legge come elemento fondante dell’unione di fatto. L’ufficiale di Stato civile, è scritto nel pdl 18 depositato a palazzo Madama, «non può rifiutarsi di iscrivere l’unione civile nel registro dello Stato civile». Se non lo fa e la coppia ne aveva il diritto, il Comune deve pagare danni «patrimoniali e morali».
La bozza che verrà discussa a Caserta sarà invece meno tranchant su questo aspetto. Questo perché la posizione dei cattolici è diametralmente opposta: «Credo che un registro finisca inevitabilmente per legittimare le unioni di fatto - dice la senatrice della Margherita Paola Binetti - mentre c’era una totale apertura al riconoscimento dei diritti individuali, siamo totalmente contrari alla legittimazione». Il concetto dell’«opponibilità a terzi», che solo una registrazione può garantire, è invece «fondamentale» per il papà dei Pacs, Franco Grillini, dei ds: «Quello dei Pacs - dice - è un tema prorompente per la stabilità di governo. Prodi deve rispondere agli elettori. Molte coppie di giovanissimi mi hanno detto che se non variamo i Pacs, non voteranno più centrosinistra». Binetti chiarisce comunque di «non aver ancora visto» la bozza del ministro Pollastrini, e di questo , dice, «me ne dispiaccio. Il rischio è che adesso iniziamo una discussione a vuoto in Senato».
Il tema delle unioni di fatto entrerà infatti in discussione proprio domani a palazzo Madama, in commissione Giustizia. Il relatore sarà il presidente Cesare Salvi. Le proposte di legge depositate sono tantissime. Quella dei ds, la numero 18, prima firmataria Vittoria Franco, e controfirmata da molti colleghi della Quercia tra cui Gavino Angius, Anna Maria Serafini, Guido Calvi, Felice Casson, è molto distante dalle posizioni della Margherita.
Oltre al registro, con l’obbligo per il Comune di iscrizione, si propone anche la reversibilità della pensione. Ma l’unione di fatto è ufficializzata anche per gli stranieri: dà agli extracomunitari il «permesso di soggiorno per motivi familiari».
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