«Per il nucleare 10 anni L’Italia ha urgenza di nuovi rigassificatori»

«Per il nucleare 10 anni L’Italia ha urgenza di nuovi rigassificatori»

da Milano

«L’Italia deve darsi una mossa: ha bisogno di almeno tre-quattro rigassificatori in più oltre a quello che verrà inaugurato a Rovigo. I tempi sono stretti, tutti si stanno buttando sul gas trasportato via nave perché dà una flessibilità che i gasdotti non hanno».
Damiano Ratti, ad di British Gas Italia, coglie al balzo le affermazioni del premier Silvio Berlusconi che si è impegnato per una rapida realizzazione di nuovi rigassificatori, e rilancia: «British Gas sta realizzando un rigassificatore in Cile, e lì il governo ci sta con il fiato sul collo perché ha fretta. Qui, invece, Bg ha trovato solo ostacoli da parte del vecchio governo, Regione ed enti locali. L’economia italiana potrà crescere solo se avrà abbastanza gas e in tempi stretti, per il nucleare ci vorranno almeno dieci anni».
Intanto British Gas è comunque bloccata per il rigassificatore di Brindisi.
«Proprio un anno fa, nel settembre 2007, i ministri Bersani e Pecoraro Scanio hanno sospeso il decreto che ci autorizzava a costruire l’impianto e ci hanno chiesto di fare la Valutazione di impatto ambientale (Via), che non è richiesta per legge, in tempi stretti. Noi l’abbiamo presentata il 15 gennaio 2008, ma da allora è cambiato il governo e tutto è rimasto fermo al ministero dell’Ambiente. Ora speriamo si possa arrivare finalmente al via libera definitivo: non capisco perché si debba dire sì al rigassificatore di Priolo e no a quello di Brindisi».
Con quali tempi pensate di realizzare il nuovo impianto?
«Noi avevamo iniziato l’iter nel 2003, la costruzione è partita nel 2005 e abbiamo lavorato fino a metà 2007: per costruire tutto ci vogliono quattro anni di lavoro. Per adesso monitoriamo la situazione, poi vedremo quando potremo ripartire: finora abbiamo speso 200 milioni sui 500 previsti per il totale dell’investimento. Costruire un rigassificatore è banale e il porto di Brindisi si presta benissimo, è così ben fatto che non richiede opere particolari e se l’investimento è basso anche la tariffa di rigassificazione, stabilita dall’Autorità per l’energia, sarà bassa, con relativo risparmio in bolletta».
Non vi resta che trovare il gas.
«Il metano l’abbiamo già, come pure l’impianto di liquefazione e le navi per trasportare il gas liquefatto. Per British Gas la prima fonte di approvvigionamento nel Mediterraneo è l’Egitto, dove abbiamo già i nostri pozzi e gli impianti per la spedizione: tra l’Egitto e Brindisi ci sono due giorni e mezzo di navigazione. Poi ci sono i giacimenti di Trinidad e Tobago, da cui il gas arriva in dieci giorni, e infine abbiamo progetti in Nigeria. L’Egitto è una fonte nuova per l’Italia, una diversificazione rispetto a Russia, Libia e Algeria».
Poi vi troverete la concorrenza degli altri rigassificatori.
«Per ora ci sono altri gruppi che vogliono costruire impianti, ma non dicono se hanno o no le forniture di gas. Noi le abbiamo, c’è il contratto con l’Egitto. Al momento non mi risulta ci sia alcun contratto di fornitura per il gasdotto Igi (che arriverà dall’Azerbaijan attraverso Turchia e Grecia, ndr) e anche per il gas del Galsi (dall’Algeria, ndr) non c’è ancora alcuna firma. C’è solo il gas del Qatar per Rovigo».


Ma, alla fine, l’Italia potrà davvero diventare quell’hub del gas di cui si parla?
«Se entreranno in funzione i nuovi gasdotti e nuovi rigassificatori, sì, ma non prima di almeno cinque anni. Fino a quel momento non avremo assolutamente alcun eccesso di offerta. Mentre noi aspettiamo di poter costruire».

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