Nucleare, oggi il giorno del giudizio per Teheran

Roberto Fabbri

Fra un tira e molla e l’altro la data decisiva è arrivata. Oggi a Vienna il direttore dell’Agenzia atomica internazionale (Aiea), Mohamed El Baradei, presenta il suo atteso rapporto sul programma nucleare dell’Iran, e le anticipazioni concordano sul fatto che il testo sarà certamente critico rispetto alla insufficiente cooperazione offerta da Teheran. È possibile, sulla base di quanto El Baradei dirà, che il direttivo dell’Aiea decida di rinviare il dossier iraniano al Consiglio di Sicurezza e che questo possa decidere di imporre all’Iran delle sanzioni economiche. Ciò corrisponderebbe alla linea indicata dagli Stati Uniti, che da tempo chiedono l’uso di misure decise nei confronti di Teheran e che si sono a lungo impegnati a livello diplomatico per ottenere l’appoggio internazionale a tale linea. Va però notato che sabato il Segretario di Stato americano Condoleezza Rice aveva affermato che non sono in agenda sanzioni di alcun tipo contro l'Iran, almeno in tempi brevi.
La prospettiva del deferimento preoccupa molto Teheran, che ancora ieri ha tentato di giocare le sue carte diplomatiche per evitarlo. Per far questo, il capo dei negoziatori iraniani, Alì Larijani, non ha esitato davanti a giornalisti iraniani e stranieri a ricorrere a un vario arco di minacce. Il deferimento al Consiglio di Sicurezza, ha detto Larijani, non avrebbe l’effetto di spingere Teheran a rinunciare alla ricerca sul combustibile nucleare, ma al contrario indurrebbe «sicuramente» la Repubblica islamica ad avviare l'arricchimento dell’uranio su scala industriale. «Se gli Stati Uniti e i loro alleati vorranno usare la forza, proseguiremo per la nostra strada. Se hanno qualche dubbio in proposito, che ci provino», ha affermato Larijani, che ha anche ambiguamente prospettato un ricorso al ricatto del petrolio nel confronto con la comunità internazionale (l’Iran è il quarto produttore mondiale di greggio, e se decidesse di tagliare le esportazioni i prezzi schizzerebbero verso l’alto). «Non vogliamo ricorrere a questo mezzo - ha detto l’inviato iraniano - perché non vogliamo influenzare negativamente l'atmosfera psicologica a livello internazionale. Ma se la situazione cambia, anche questo settore ne sarà influenzato».
Mentre Larijani rilascia le sue dichiarazioni, altri recuperano per via traverse quelle del suo predecessore, quel Hassan Rowhani che qualche mese fa perse il posto perché considerato troppo morbido dal presidente Ahmadinejad. Secondo il giornale britannico Sunday Telegraph Rowhani avrebbe confermato in un intervento a porte chiuse, davanti al Consiglio supremo della Rivoluzione culturale a Teheran, quello che molti in Occidente sospettavano: e cioè che i colloqui con i negoziatori europei servivano solo a guadagnare tempo. «Fin dall’inizio - avrebbe detto Rowhani - gli americani dicevano agli europei: gli iraniani mentono e non vi hanno detto tutto. Ma gli europei replicavano: ci fidiamo di loro. Quando negoziavamo con gli europei a Teheran noi stavamo ancora installando alcune attrezzature nel sito di Isfahan. C’era molto lavoro da fare, in realtà creando quella situazione potevamo finire Isfahan».


Un altro giornale inglese della domenica, il Sunday Times, riporta invece aggiornamenti sui movimenti dei servizi segreti israeliani in Iran nell’ambito della ricerca dei siti nucleari segreti della Repubblica islamica. Secondo il domenicale, agenti delle forze speciali di Gerusalemme si sarebbero infiltrati in territorio iraniano da una base nel nord dell’Irak che controllerebbero con l’assenso degli americani.

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