Nucleare? Sì grazie Questa volta il G8 è un fronte compatto

Nell’impossibilità di frenare i prezzi del petrolio o di bloccare d’autorità le emissioni di gas serra, il G8 che si apre oggi in Giappone prenderà nondimeno un’iniziativa rilevante in campo energetico: come risulta dal sito del vertice, esiste già un accordo preliminare tra gli otto Paesi partecipanti (e, presumibilmente, tra i cinque principali invitati, Cina, India, Messico, Brasile e Sud Africa) per rilanciare in grande stile il nucleare civile a livello mondiale. Non solo il G8 incoraggerà la costruzione di nuove centrali, ma intende anche assumersi un ruolo attivo nel promuovere la collaborazione internazionale in questo campo e assicurare il rispetto delle «3S», cioè la sicurezza degli impianti, la sicurezza dello smaltimento delle scorie e la sicurezza contro eventuali attacchi terroristici, che oggi vengono considerati più pericolosi di ormai improbabili incidenti alla Cernobyl.
Siamo di fronte a una svolta importante, perché mai prima d’ora il G8 si era schierato così nettamente a favore di una soluzione che, per molti, rimane controversa. D’altronde, c’era da aspettarselo, perché basta guardare i dati che saranno forniti a corredo del comunicato finale per capire come i Paesi del G8 siano orientati. Gli Stati Uniti hanno 104 centrali operative e 32 in fase di progettazione; la Francia 59 operative, una in costruzione e una in progettazione; il Giappone 55, 2 e 12; il Canada 18, 2 e 7; la Russia 31, 7 e 35; solo Regno Unito e Germania, che ne hanno rispettivamente 19 e 17 operative, non hanno finora piani per ampliare le loro capacità. Come si vede, l’unico degli otto «grandi» ad avere solo zeri nelle tre caselle è l’Italia, in seguito allo sciagurato referendum del 1987. Ma proprio per questo le deliberazioni di Tokyo assumeranno per noi una particolare importanza. Da un lato, esse avalleranno la decisione del governo Berlusconi di mettere fine alla nostra anomalia e riprendere il cammino interrotto 21 anni fa, mettendo - come ha promesso il ministro Scajola - la prima pietra di cinque nuove centrali entro questa legislatura; dall’altro, dovrebbero convincere anche molti dubbiosi superstiti, i quali credono per esempio che gli Usa siano tuttora alla finestra, che il nucleare è ormai considerato a livello internazionale l’unico rimedio sicuro sia per ridurre il fabbisogno di idrocarburi sia per tenere sotto controllo il riscaldamento del pianeta.
La documentazione fornita dai giapponesi ci dimostra anche che - contrariamente a quanto sostengono molti nemici del nucleare - il rilancio basato sugli impianti di terza generazione è già in pieno svolgimento, anche in Paesi ben lontani dal potere contare sulla nostra preparazione tecnologica: all’ultimo conto, infatti, le nuove centrali in costruzione nel mondo sono 35 (in testa Russia e Cina con 7 e India con 6) e quelle in fase di progettazione ben 283, di cui cento (avete letto bene, 100) nella sola Cina. La cosa interessante è che fanno parte del club anche Paesi, come il Messico e il Brasile, che oggi hanno una relativa abbondanza di petrolio o hanno fatto la scelta dell’etanolo. E dovremmo rinunciarci noi, che siamo costretti a importarlo quasi tutto, con le ben note conseguenze sulle nostre bollette elettriche?
Se anche il G8 non dovesse concludere molto altro, la certificazione dell’indispensabilità dell’energia nucleare, che segue a due anni di distanza una simile (anche se più cauta) luce verde dell’Onu sarebbe un risultato di rilievo.

Certo, poiché non c’è sordo peggiore di chi non vuol sentire, non convertirà né i pasdaran dell’ambientalismo né i tanti professionisti del no. Ma, ai fini dei piani del governo, sarebbe già una buona cosa se facesse aumentare gli italiani favorevoli al nucleare dal 62 per cento dell’ultimo sondaggio al 70.

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