Nulla di fatto al vertice tra l’assessore Terzi e Alleanza nazionale: rinviato lo sgombero di giovedì. Il centro sociale: «Il 90% dei milanesi vuole una soluzione positiva» An si impunta, salta l’accordo sul Leonka De Corato chiede «precondizioni»

«Sul Leoncavallo l’assessore De Albertis non darà mai il suo ok. Che il centro sociale rimanga lì, in via Watteau, non mi va bene e, poi, il Comune non c’entra niente in questa vicenda». Firmato, Carla De Albertis. Sì, l’assessore alla Salute dei milanesi non ha un solo dubbio: «Il Leoncavallo va sgomberato. Se trovano un privato che li sostiene, be’... buon per loro. Ma, ripeto, non è Palazzo Marino che deve dare soluzioni e discutere per mantenere lì il centro sociale. Anzi, è una questione che riguarda solo il Leoncavallo e il privato». E se ancora non fosse chiaro, De Albertis, avverte - chi all’interno della giunta guidata da Letizia Moratti tenta il salvataggio del Leoncavallo - che «la posizione di Alleanza nazionale è sempre stata questa».
Linea dura di chi non ammette sconti ai nipotini degli autonomi che negli anni Ottanta e Novanta macchiarono il loro curriculum vitae con aggressioni, espropri, occupazioni ed episodi di guerriglia sia nel centro di Milano che in periferia. Curriculum pieno di violenze, illegalità, sopraffazione e intolleranza che per An sono «ostacolo» a quel passaggio del Leoncavallo alla «legalizzazione» del centro sociale auspicata dal sindaco di Milano. «Ostacolo» che Giovanni Terzi, assessore allo Sport, per conto di Letizia Moratti ha tentato comunque di superare alla vigilia dell’ennesimo sfratto dei leoncavallini.
Ma il vertice tra l’assessore e An - presenti il capogruppo Carlo Fidanza, il presidente dei deputati Ignazio La Russa e il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato - non ha incassato il «sì» sperato a un accordo tra gli ex autonomi e Palazzo Marino: An ha chiesto e ottenuto che prima di proseguire la discussione sull’argomento ci siano da parte dei leoncavallini «alcuni fatti simbolici contro la violenza e la discriminazione politica che in passato li ha caratterizzati». Un paletto nella trattativa che i rappresentanti del centro sociale devono accettare, altrimenti la trattativa naufraga. «Per affrontare la questione del Leoncavallo si devono dare precise precondizioni: sottolineo che non sto parlando di precondizioni per la permanenza del centro sociale, ma per la discussione dell’argomento», chiosa De Corato. Virgolettato che si traduce in un impegno a realizzare, ad esempio, un’assemblea politica sul tema della violenza aperta anche ai giovani del centrodestra che, evidentemente, appare ancora impresa impossibile (o quasi) al civico 7 di via Watteau.
Difficile dire infatti qual è la replica dei leoncavallini. Daniele Farina, loro portavoce e deputato di Rifondazione, si limita a osservare che «il novanta per cento dei milanesi vuole risolvere questa questione» e che «mentre c’è la possibilità di una soluzione positiva, c’è chi insiste nel tentativo di rallentarla».

Valutazione seguita da una certezza: lo sfratto previsto per giovedì sarà certamente rinviato. Ma il presidio antisgombero no, i nipotini degli autonomi saranno lì pronti a difendere il fortino dall’assalto dello sceriffo.

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