«Sul Leoncavallo lassessore De Albertis non darà mai il suo ok. Che il centro sociale rimanga lì, in via Watteau, non mi va bene e, poi, il Comune non centra niente in questa vicenda». Firmato, Carla De Albertis. Sì, lassessore alla Salute dei milanesi non ha un solo dubbio: «Il Leoncavallo va sgomberato. Se trovano un privato che li sostiene, be... buon per loro. Ma, ripeto, non è Palazzo Marino che deve dare soluzioni e discutere per mantenere lì il centro sociale. Anzi, è una questione che riguarda solo il Leoncavallo e il privato». E se ancora non fosse chiaro, De Albertis, avverte - chi allinterno della giunta guidata da Letizia Moratti tenta il salvataggio del Leoncavallo - che «la posizione di Alleanza nazionale è sempre stata questa».
Linea dura di chi non ammette sconti ai nipotini degli autonomi che negli anni Ottanta e Novanta macchiarono il loro curriculum vitae con aggressioni, espropri, occupazioni ed episodi di guerriglia sia nel centro di Milano che in periferia. Curriculum pieno di violenze, illegalità, sopraffazione e intolleranza che per An sono «ostacolo» a quel passaggio del Leoncavallo alla «legalizzazione» del centro sociale auspicata dal sindaco di Milano. «Ostacolo» che Giovanni Terzi, assessore allo Sport, per conto di Letizia Moratti ha tentato comunque di superare alla vigilia dellennesimo sfratto dei leoncavallini.
Ma il vertice tra lassessore e An - presenti il capogruppo Carlo Fidanza, il presidente dei deputati Ignazio La Russa e il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato - non ha incassato il «sì» sperato a un accordo tra gli ex autonomi e Palazzo Marino: An ha chiesto e ottenuto che prima di proseguire la discussione sullargomento ci siano da parte dei leoncavallini «alcuni fatti simbolici contro la violenza e la discriminazione politica che in passato li ha caratterizzati». Un paletto nella trattativa che i rappresentanti del centro sociale devono accettare, altrimenti la trattativa naufraga. «Per affrontare la questione del Leoncavallo si devono dare precise precondizioni: sottolineo che non sto parlando di precondizioni per la permanenza del centro sociale, ma per la discussione dellargomento», chiosa De Corato. Virgolettato che si traduce in un impegno a realizzare, ad esempio, unassemblea politica sul tema della violenza aperta anche ai giovani del centrodestra che, evidentemente, appare ancora impresa impossibile (o quasi) al civico 7 di via Watteau.
Difficile dire infatti qual è la replica dei leoncavallini. Daniele Farina, loro portavoce e deputato di Rifondazione, si limita a osservare che «il novanta per cento dei milanesi vuole risolvere questa questione» e che «mentre cè la possibilità di una soluzione positiva, cè chi insiste nel tentativo di rallentarla».
Nulla di fatto al vertice tra lassessore Terzi e Alleanza nazionale: rinviato lo sgombero di giovedì. Il centro sociale: «Il 90% dei milanesi vuole una soluzione positiva» An si impunta, salta laccordo sul Leonka De Corato chiede «precondizioni»
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