«Sono molto legato a Genova, perché nel XII secolo, al tempo della crociate, una famiglia della vostra città, gli Embriaci, detenne a lungo il potere nel Libano e in particolare a Biblios, il luogo dove sono nato».
Mi parla Camille Eid ed intanto volge i suoi occhi scuri ed intrepidi per il vasto salone dell'Hotel Bristol, dove l'avvocato Emilio Artiglieri, rispettivamente governatore e preside delle due associazioni, ha riunito i soci del Serra Club e i Cavalieri del Santo Sepolcro per ascoltare la presentazione di un libro che molto ha fatto e farà presumibilmente ancor molto discutere. Si tratta de «I cristiani venuti dall'Islam» (Piemme Editore), un volume che affronta un tema che pochi hanno intenzione di affrontare in questi tempi in cui il proselitismo religioso, soprattutto se praticato da cristiani, fa gridare allo scandalo. Eppure, proselitismo a parte, la realtà degli islamici che intendono abbandonare l'islam per la fede in Cristo è un dato di fatto che, se in Italia vanta dati cospicui, nei paesi nord africani ed asiatici tocca invece dimensioni tali da destare la preoccupazione dei governanti. I quali naturalmente da buoni fondamentalisti non esitano a replicare con leggi illiberali se non addirittura tiranniche.
Come mai in Italia solo adesso, con questo libro, un fenomeno tanto inquietante viene a galla? Camille Eid, un cristiano maronita libanese - volto olivastro, incorniciato da una barbetta brizzolata - che da vent'anni vive in Italia ed a Genova, presso la nostra università, insegna letteratura islamica, sembra che non aspetti altro per buttar fuori quanto gli bolle dentro.
«Certo, tutto sino ad oggi è stato soffocato sotto la coltre di filoislamismo che soffoca in Occidente il dissenso contro l'islam. I mezzi di comunicazione, le televisioni, i giornali parlano soltanto dei cristiani che diventano musulmani. Pensi ad Abel Smith oppure, visto che siamo in Liguria, a Roberto Hamza Piccardo, che è diventato una sorta di leader di questa pretesa primavera islamica nel Ponente della vostra regione».
Perché parla di pretesa? È un dato di fatto che l'islam avanza sull'Europa come una marea nera.
«È vero, ma è anche vero che la Chiesa di Cristo sta vivendo una seconda e forse più autentica primavera della fede proprio nel mondo islamico. I dati in mio possesso (che sono poi quelli della Cei, anche se necessitano di una revisione) dicono proprio questo. Ogni anno almeno venti musulmani chiedono il battesimo in Italia, ma la Cei non considera i neoconvertiti che provengono dall'Albania, perché questa regione, così profondamente islamizzata, viene ancora considerata come un ex stato comunista».
Per cui?
«Per cui il numero deve almeno essere raddoppiato. Diciamo allora che quaranta/quarantacinque islamici ogni anno chiedono di accostarsi al battesimo. Più o meno, dunque, ci sono cinquecento cristiani in Italia i cui diritti non sono riconosciuti».
In che senso, scusi?
«Nel senso che ben raramente lo stato interviene a tutelarli contro le minacce, le molestie, spesso le violenze dei loro ex compagni di fede. Perché, vede, l'islam è una religione in cui si consente solo il biglietto d'ingresso. L'uscita non è contemplata, chi esce è un traditore, un apostata, un rinnegato contro il quale tutto è lecito, anche la morte».
Che cosa dice il Corano in proposito?
«Il Corano è ambiguo e poco decifrabile.
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