RomaIl pareggio di bilancio è un impegno durissimo per la spendacciona Repubblica italiana. Non lo si vede dai tempi del mitico Quintino Sella e del suo successore Marco Minghetti, più o meno il 1875-76. Ma ora che labbiamo promesso allEuropa, chi ne sarà il controllore? Il neonato «organismo indipendente» di controllo dei conti pubblici, che sta per ricevere il via libera dallaula della Camera dopo il sì in commissione, già provoca tensioni fra poteri dello Stato. La Corte dei Conti si sente infatti scavalcata dalle nuove norme approvate a Montecitorio nellambito della riforma dellarticolo 81 che introduce nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio.
Secondo il nuovo testo, la Corte non avrà più la possibilità di rivolgersi alla Corte costituzionale nel caso di approvazione di leggi prive di copertura finanziaria, comera stato ipotizzato allinizio. Un vulnus alle prerogative della magistratura contabile, attacca il presidente Luigi Giampaolino. «È indispensabile - scrive al presidente della Camera Gianfranco Fini - il mantenimento del ruolo della Corte, per assicurare lequilibrio delle entrate e delle uscite, e la sostenibilità dellindebitamento». Dietro le disquisizioni burocratico-costituzionali, la questione è evidente: la nuova authority, una volta in funzione, oscurerà ruolo e visibilità della Corte dei Conti.
La protesta di Giampaolino appare destinata semplicemente a rimanere agli atti. I due relatori alle commissioni Affari costituzionali e Bilancio, Donato Bruno e Giancarlo Giorgetti, hanno eliminato la norma controversa. La spiegazione sta nella modifica allarchitettura della riforma: il pareggio di bilancio non è più un vincolo rigido, unimposizione; il nuovo testo parla invece di «equilibrio» fra entrate e uscite, dunque è più flessibile.
La nuova impostazione «potrà forse dispiacere a qualcuno, ma queste sono le decisioni del Parlamento», replica il ministro Piero Giarda.
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